sabato 28 novembre 2009

E' giusto che il Capo dello Stato cerchi di salvare il premier dai processi?

Mi si rafforza sempre di più il sospetto che il presidente Napolitano abbia effettivamente un "debito" con Berlusconi, e gli abbia promesso di fare di tutto per tenerlo al governo, qualunque cosa succeda. Del resto l'ha detto lo stesso Berlusconi quando, inviperito per la bocciatura del lodo Alfano, gli ha rinfacciato subito di non averlo salvato come - secondo lui- avrebbe dovuto fare perchè glielo aveva promesso. Non si spiegano diversamente questi interventi ad orologeria di Napolitano, e questi ripetitivi messaggi, con invito finto-bipartisan a "moderare i toni", che sono in realtà rimproveri ai magistrati. Questa volta, dopo il generico invito a politici e magistrati, si è spinto oltre, arrivando a dire chiaro e tondo che nessuno può far cadere un governo democraticamente eletto, che ha ottenuto la fiducia del Parlamento.
Ragionamento che non farebbe una grinza, se si fosse palesato qualcuno che vuol far cadere il governo con altri mezzi che non siano la sfiducia del Parlamento. Poichè non risulta vi siano "attentati" o "golpe" di questo genere, ma solo legittime critiche dell'opposizione, è evidente che il Presidente Napolitano considera le critiche e le indagini in corso da parte di alcuni tribunali su vicende che sfiorano o toccano la presenza del premier, non legittime, ma motivate da scopi politici sovversivi, sposando così la tesi difensiva da sempre sbandierata da Berlusconi.

Ma è giusto e corretto tutto questo? Il Presidente della Repubblica deve essere il garante della Costituzione e dei diritti di tutti i cittadini italiani che vogliono giustizia e uguaglianza, non il garante del capo del governo qualunque cosa faccia o abbia fatto.
Dove sta scritto che uno Stato democratico debba tenersi un capo di governo anche quando fosse accertato che ha commesso illeciti, solo perché è stato eletto? Si stanno stravolgendo principi fondamentali, con una pesante corresponsabilità ora anche del Capo dello Stato, il quale, invece di difendere la magistratura che fa il suo dovere, cerca con richiami pubblici di frenarla per evitare che si accerti se il premier è un delinquente oppure no.

Così facendo, il capo dello Stato fa propria la tesi che se un magistrato indaga su un politico lo fa per motivazioni politiche , o per farsi pubblicità, e non prende in considerazione l'ipotesi che possano esserci invece fondati motivi per indagare.

Chi è che non risponde e non paga mai per i propri errori o colpe in Italia? I magistrati o i politici che pretendono di essere intoccabili a prescindere, se no gridano al complotto e alla persecuzione?

E se il nostro premier fosse davvero colpevole dei reati di cui lo si accusa, è bene per l'Italia essere ancora governata da lui per anni?

Dal momento che non se ne può proprio più di questa guerra continua di Berlusconi contro la magistratura, si sta facendo strada nella testa di molti l'idea che sia meglio dare un salvacondotto al premier e non se parli più, pensando o sperando che così poi la faccia finita di parlar male dei giudici e di cercare di far leggi che per salvare lui, sfasciano il sistema giudiziario (che già sta maluccio di suo...).

Idea perniciosa, che darebbe il colpo di grazia al principio della giustizia e della legge uguale per tutti, e che darebbe legittimazione ufficiale all'idea che chi raggiunge il potere tramite la politica poi ha diritto all'impunità. Si creerebbe un precedente che darebbe la spinta ad ogni delinquente a mettersi in politica, invece di difendersi in tribunale. Si riempirà il futuro Parlamento di delinquenti e nessuna persona onesta riuscirà più a farsi eleggere.

Già ora c'è una belle fetta di condannati e indagati e di loro avvocati, cosa che in nessun altro paese democratico si tollererebbe. Se si legittima la pretesa di impunità di Berlusconi sarebbe la fine della democrazia.

Possibile che sia questo che Napolitano vuole?

giovedì 26 novembre 2009

Un appello per non fare regali alle mafie

Nei giorni scorsi è stato lanciato a livello nazionale da don Luigi Ciotti, presidente di Libera, un appello per chiedere al governo:
Niente regali alle mafie, i beni confiscati sono cosa nostra
NO ALLA VENDITA DEI BENI CONFISCATI”, appello
che si può firmare sul sito
http://www.libera.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/1780
Ecco il testo:
Tredici anni fa, oltre un milione di cittadini firmarono la petizione che chiedeva al Parlamento di approvare la legge per l'uso sociale dei beni confiscati alle mafie. Un appello raccolto da tutte le forze politiche, che votarono all'unanimità le legge 109/96. Si coronava, così, il sogno di chi, a cominciare da Pio La Torre, aveva pagato con la propria vita l'impegno per sottrarre ai clan le ricchezze accumulate illegalmente.

Oggi quell 'impegno rischia di essere tradito. Un emendamento introdotto in Senato alla legge finanziaria, infatti, prevede la vendita dei beni confiscati che non si riescono a destinare entro tre o sei mesi. E' facile immaginare, grazie alle note capacità delle organizzazioni mafiose di mascherare la loro presenza, chi si farà avanti per comprare ville, case e terreni appartenuti ai boss e che rappresentavano altrettanti simboli del loro potere, costruito con la violenza, il sangue, i soprusi, fino all'intervento dello Stato.

La vendita di quei beni significherà una cosa soltanto: che lo Stato si arrende di fronte alle difficoltà del loro pieno ed effettivo riutilizzo sociale, come prevede la legge. E il ritorno di quei beni nelle disponibilità dei clan a cui erano stati sottratti, grazie al lavoro delle forze dell'ordine e della magistratura, avrà un effetto dirompente sulla stessa credibilità delle istituzioni.

Per queste ragioni chiediamo al governo e al Parlamento di ripensarci e di ritirare l'emendamento sulla vendita dei beni confiscati.

Si rafforzi, piuttosto, l'azione di chi indaga per individuare le ricchezze dei clan. S'introducano norme che facilitano il riutilizzo sociale dei beni e venga data concreta attuazione alla norma che stabilisce la confisca di beni ai corrotti. E vengano destinate innanzitutto ai familiari delle vittime di mafia e ai testimoni di giustizia i soldi e le risorse finanziarie sottratte alle mafie. Ma non vendiamo quei beni confiscati che rappresentano il segno del riscatto di un'Italia civile, onesta e coraggiosa. Perché quei beni sono davvero tutti "cosa nostra"

don Luigi Ciotti presidente di Libera e Gruppo Abele.
Tra i primi firmatari: Andrea Campinoti, presidente di Avviso Pubblico -

domenica 22 novembre 2009

Testamento biologico, una scelta di libertà personale

La legge detta del " testamento biologico", o per l'esattezza, quella che prevede una Dichiarazione anticipata sul trattamento di fine vita, sta per tornare in Parlamento per l'approvazione definitiva, dopo un anno di forti polemiche esplose intorno al caso drammatico di Eluana Englaro e dopo la sospensione del DDL Calabrò, che il governo e la sua maggioranza volevano e vogliono tuttora imporre.
Ci ritroveremo quindi con la riproposizione della solita contrapposizione tra "cattolici" obbedienti ai dettami della gerarchia ecclesiastica e impropriamente autoproclamatisi difensori della vita da una parte, e "laici", spregiativamente definiti "laicisti" e nemici della vita dall'altra . Contrapposizione sbagliatissima, fuorviante e mal posta, a mio parere.

Perché su questo tema, come su tutti gli altri di carattere definito "etico", la contrapposizione reale, e di sostanza, non è, o non dovrebbe essere, tra cattolici e laici, ma tra chi rispetta il principio della libertà di scelta dell'individuo nei problemi della sfera personale (non importa se credente o non credente in una religione) e chi vuole imporre una propria visione morale e religiosa a tutti i cittadini di uno Stato, per legge.

Tradotto in termini politici, si tratta di distinguere chi è democratico , nel senso ampio del termine, e chi democratico non è, perchè antepone i diktat delle gerarchie ecclesiastiche cattoliche italiane, o le sue convinzioni etiche e religiose personali, al dovere di rispettare in primo luogo la Costituzione italiana, e di fare leggi che non costringano una parte dei cittadini, maggioranza o minoranza che siano, a subire limitazioni o privazioni dei propri diritti inalienabili.

Purtroppo in questi ultimi tempi c'è stata da parte delle gerarchie ecclesiastiche italiane e vaticane una sorta di "chiamata alle armi" dei fedeli, e soprattutto dei politici cattolici, per indurli con pressioni pubbliche continue a non collaborare o consentire all'approvazione di leggi che non siano in linea con le loro prese di posizione su vari temi etici. Pressioni che hanno trovato terreno ben disposto nel centrodestra e nel governo , tra i cui capi molti hanno molte "marachelle" e politiche tutt'altro che cristiane da farsi perdonare, e usano queste leggi "etiche" (dei cui effetti sui cittadini probabilmente a loro non importa nulla) per ottenere la benevolenza della Chiesa e i voti dei parrocchiani.
Ma hanno trovato terreno cedevole anche a sinistra, dove pure sono in tanti a sentirsi, o dichiararsi, cattolici, e comunque non osano contraddire pubblicamente papa, cardinali e vescovi che sono sempre pronti all'anatema, alla minaccia di scomuniche, all'incitamento dell'obiezione di coscienza fino alla disobbedienza civile per contrastare le leggi sgradite.
Mentre invita ogni giorno genericamente i politici "al dialogo e alla pacificazione" (con chiaro intento di tener buona l'opposizione al governo), la Chiesa fa poi di tutto per dividere e contrapporre i cittadini tra fedeli e disobbedienti, militarizzando quelli fedeli, rispolverando gli anacronistici anatemi contro la libertà di pensiero e criminalizzando il relativismo religioso e i non credenti come fossero nemici di Dio e della vita.
Visione manichea, e tutt'altro che cristiana nella sostanza, che condanna l'Italia a subire lacerazioni e discriminazioni che in una società moderna non dovrebbero più esistere. In altri Stati, pur con popolazione a prevalenza cattolica o cristiana, gerarchie ecclesiastiche locali, politici e fedeli si sono pur trovati d'accordo per fare leggi che rispettano i diritti anche dei non credenti. Ma da noi questo pare impossibile.

Peccato, perchè se c'è un argomento che dovrebbe unire laici e cattolici, democratici, credenti e non credenti, di destra di sinistra e di centro, questo è proprio il cosiddetto testamento biologico. Perchè se c'è un progetto di legge che non danneggia o lede i diritti di nessuno, ma li tutela tutti, questo è rappresentato dalla proposta già presentata oltre un anno fa dal senatore dott. Ignazio Marino, firmato anche da un centinaio di parlamentari, e appoggiato da centomila firme di cittadini; proposta che è stata respinta dalla maggioranza e non sufficientemente difesa pure dal suo partito, il PD.

La proposta di legge governativa, firmata Calabrò, si è arroccata invece in difesa di un punto determinante: la pretesa di escludere l'alimentazione e l'idratazione artificiale dai trattamenti sanitari che un paziente in coma e senza più speranza di vita può rifiutare, con dichiarazione anticipata scritta quando consapevole.
In questo modo si vanifica ogni diritto alla libera scelta del paziente e lo si obbliga a subire anche contro la sua volontà dichiarata, un prolungamento di vita puramente vegetativa, ad oltranza, per induzione meccanica forzata. Se non è accanimento terapeutico questo, non so come altro lo si possa definire.

Non so perchè la Chiesa in Italia si sia incaponita per sostenere con tanta determinazione questo puntiglio. Da parte degli alti prelati ci si appiglia al principio astratto, della difesa della vita e della (presunta) volontà di Dio. Ma quando ci si ritrova in situazioni artificiosamente e mostruosamente create dagli uomini , come quella in cui si è trovata Eluana Englaro, come si può parlare di volontà di Dio e di difesa di una vita che vita non è più, perchè priva di ogni prerogativa e facoltà fisica e mentale propria di un essere umano?
Qualcuno può ragionevolmente sostenere che è stato Dio a volere che quella povera ragazza restasse in quelle condizioni per 17 anni?
Se si crede in quello che è scritto nel Vangelo, ci si dovrebbe ricordare che Dio lasciò suo figlio a soffrire sulla croce 3 ore, non 3 o 30 anni.
Per favore, non si nomini il nome di Dio invano, dove Dio non c'entra e dove tutti gli uomini hanno diritto di decidere per se stessi senza fare del male, o imporlo, a nessun altro.

La laicità, nel senso più ampio e alto del termine, non esclude ma include anche i cattolici, almeno quelli che rispettano in primo luogo la libertà di coscienza e di scelta di tutti i cittadini nelle questioni di carattere etico, senza pretendere di imporre le proprie convinzioni etiche o religiose a tutti per legge. E' giusto che si trovi il modo legittimo e corretto per dare la possibilità a chi lo vuole di fare una dichiarazione anticipata di trattamento sanitario, con valore legale. E sarebbe giusto che anche quanti si professano "cattolici" si battessero perchè si faccia una legge nazionale che legittimi questa libertà di scelta personale, includendo fra i trattamenti che si possono rifiutare anche l'idratazione e l'alimentazione forzata. Sarebbe una legge molto più umana e "cristiana" (oltre che costituzionale) di quella che vuol fare il Governo e la sua maggioranza ( a parte un piccolo gruppo che sembra si voglia dissociare...).

E' tanto difficile da capire e da accettare per la Chiesa questa idea? Perchè ci vuol far tornare ad una concezione medioevale della religione che sembra voler condannare l'uomo alla sofferenza obbligata, anche quando non necessaria, inutile e fine a se stessa??

Il Cardinale Biffi disse e scrisse qualche tempo fa che sono le pecore a dover seguire il pastore, e non il contrario. A parte il fatto che gli uomini, per stessa volontà del creatore, non sono pecore ma esseri pensanti, anche le pecore , se si accorgono che il pastore poco accorto le vuol guidare verso un precipizio, hanno il diritto di scegliere un'altra strada.




sabato 14 novembre 2009

Un'altra "crociata", ma senza croci e contro un " cavaliere" pieno di macchie e di paure

Purtroppo è di nuovo tempo di crociate, in un mondo politico malato che ci costringe a dividerci artificiosamente tra Guelfi e Ghibellini, in battaglie anacronistiche pro o contro i crocifissi nelle aule di scuola, come se fossero questi simboli religiosi il baluardo a difesa della libertà e della democrazia nel nostro Paese. E invece la libertà e la democrazia non sono affatto minacciate dalla Corte dei diritti di Strasburgo, ma dal nostro Governo e dal Parlamento che stanno tentando di varare l'ennesimo decreto sfascia-giustizia per evitare che il nostro capo del governo possa essere processato per le gravi imputazioni a tutti note.
Sono ormai 17 anni che Berlusconi inquina la vita politica, sociale e morale del Paese con la sua pretesa di impunità per tutta una serie di addebiti che la Magistratura e la Guardia di Finanza gli hanno mosso per diversi illeciti, non solo presunti, compiuti nella sua attività di imprenditore senza scrupoli e aduso alla corruzione. Costui ha usato e sta usando , ormai come un disperato pronto a tutto, la politica e il consenso popolare ottenuto solo per fini suoi di salvezza personale, tentando di scardinare il sistema di garanzie ed equilibri costituzionali e i sacrosanti principi di uguaglianza ed esigenza di legalità e onestà che stanno alla base del vivere civile.
Adesso non se ne può davvero più. E' giunto il momento di dire con forza "basta!". Visto che non hanno la forza, la capacità e la saggezza di fermarlo gli organi politici e istituzionali preposti al controllo, ben venga ogni forma democratica di mobilitazione, con raccolte di firme, referendum e manifestazioni di piazza, per dimostrare al presidente che vanta, impropriamente, di essere "eletto dal popolo " e " il più amato dal popolo", che in realtà c'è anche una parte consistente di popolo che non lo ama affatto, ma lo disprezza e non ne può più delle sue prevaricazioni.
Si può intanto firmare gli appelli proposti attraverso i siti internet da "Il fatto quotidiano", o da "La Repubblica", e aderire alla manifestazione del 5 dicembre "No Berlusconi Day", lanciata su youtube da un gruppo appositamente creato.

Aggiornamento del 22 novembre

Oltre agli appelli a partecipare al NoB.Day da parte di numerose personalità della cultura , pubblicati da Micromega online, è interessante leggere il blog di "Libertà e giustizia" che ha aperto un dibattito in proposito tra i propri associati, chiedendo il loro parere sulla proposta di partecipare o meno ufficialmente come Associazione alla manifestazione. Sulla base di partenza degli interventi di Paul Ginsborg, favorevole, e di Gustavo Zagrebelsky, contrario, sono pervenuti numerosissimi pareri, prevalentemente favorevoli alla partecipazione, oltre che a titolo personale dei singoli iscritti, anche come presa di posizione pubblica e ufficiale dell'associazione.
Appare molto sentita e condivisa tra gli iscritti a questa associazione (me compresa) l'esigenza di manifestare pubblicamente il proprio forte dissenso contro Berlusconi, non tanto, o non solo, come persona, ma per quello che rappresenta, per aver fatto di se stesso il simbolo di una politica, di un modo di intendere lo Stato, le istituzioni, le leggi come fossero cosa sua

venerdì 13 novembre 2009

I nuovi "crociati" della Mancha

Ci manca solo che qualcuno si metta a gridare "Dio lo vuole!" e proponga di partire per una spedizione punitiva contro la Corte di giustizia di Strasburgo, armati di lancia e crocifisso, visto il clima da nuova "crociata" che si è creato, a mio parere fuori tempo e fuori luogo e un po' donchisciottesco. Sia detto con tutto il rispetto per il Cristo evangelico.
Peccato, perchè l'accoglimento sereno della sentenza della Corte di Strasburgo, che invitava l'Italia a non considerare obbligatoria la presenza del Crocifisso nelle aule di scuole e tribunali, luoghi pubblici e simbolici della autonomia di uno Stato laico nei confronti delle religioni, poteva essere una buona occasione per dimostrare di essere coerenti e all'altezza di una società moderna, democratica, multietnica, rispettosa dei diritti e della libertà religiosa di tutti, compresa ovviamente quella dei cattolici, dando così il buon esempio agli islamici che in questo campo sono un po' indietro.
E invece, senza nemmeno prendersi la briga di leggere il testo del pronunciamento e di cercare di capirne il senso e le implicazioni, i politici italiani in coro, insieme a vescovi e cardinali, e a volte pure prima, sono partiti in quarta a gridare "giù le mani dal Crocefisso".
A cominciare dal luciferino ministro La Russa che ha gridato in TV un evangelico "che possano morire!" all'indirizzo dei giuristi della Corte, per continuare con il premier Berlusconi, quasi patetico con un grosso crocifisso in mano visitando l'Aquila, per finire con una stucchevole conduttrice Tv che si è presentata in una trasmissione di sabato mattina di tutt'altro argomento, tenendo sul braccio e accarezzando a mo' di bambola un crocefisso, non senza un lungo sermone fuori programma per dichiarare il suo amore per il simbolo cristiano e per raccontare dello straziante dolore provato fino a piangerne quando ha saputo della sentenza di Strasburgo. Sorvolo per esigenza di brevità sul contorno di dichiarazioni della ministra Gelmini e del sottosegretario Mantovano che ha colto l'occasione per proporre l'abolizione di detta Corte europea. E taccio anche sul neosegretario PD, Bersani, che non ha trovato di meglio da dire che in fondo i crocefissi nelle aule è meglio tenerli perchè "non fanno male a nessuno"; ignorando, o fingendo di ignorare che i crocefissi non sono semplici arredi , come le sedie , le lavagne o i cestini per il rusco; e svilendo così le motivazioni di principio che consigliano invece di toglierli, in quanto simbolo alto di valori e tradizioni propri di una religione, che vanno esposti e mantenuti in altri luoghi.

Meritevole di nota , come esemplare del clima creato, la petizione repentinamente attivata sul Quotidiano.net per raccogliere firme, sull'onda di queste argomentazioni, stile Bossi:

"Con una decisione senza nessun senso, senza capo nè coda, senza alcuna ragione degna di questo nome, la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha detto no al crocifisso nelle scuole. Si tratta di un autentico schiaffo al rispetto della libertà di religione che deve contraddistinguere ogni società civile, dell'ennesimo gesto di debolezza e di vigliaccheria, anticristiana e anticattolica.
Con la scusa dei diritti umani, a Strasburgo c'è chi vuole cancellare la storia religiosa e culturale di un popolo. E' in gioco la nostra identità nazionale, laica e religiosa e in discussione c'è la libertà della fede cristiana.

Per questo motivo, Quotidiano.net lancia una petizione. Per rompere i timpani ai burocrati strapagati di Strasburgo che non possono decidere né sulle nostre vite né sulle nostre idee. Per dire loro forte e chiaro: "Giù le mani dal crocifisso". Xavier Jacobelli.

Parole grosse, mi pare, offensive verso la Corte di giustizia europea e assolutamente non giustificate dalla reale portata del provvedimento che è stato preso per difendere il diritto alla libertà religiosa di tutti, distinguendo la funzione laica dei luoghi pubblici da quella dei privati e non intacca in alcun modo la cultura cattolica o cristiana, nè l'identità nazionale, nè vuol cancellare la nostra storia.

Nonostante tale proclama, artificiosamente gonfiato di argomentazioni pretestuose, non mi sembra però che la crociata del quotidiano abbia raccolto "la valanga" di seguaci annunciata, visto che hanno sottoscritto la petizione 903 persone, in 8 giorni, tra il 5 e il 13 novembre.
Io ho trovato più sensate e condivisibili le argomentazioni di Margherita Hack, su Micromega, che ha ricordato semplicemente come il principio affermato dalla Corte europea sia lo stesso già contenuto nella nostra Costituzione

"Oggi l’Europa, e l’Italia in particolare, è diventata multietnica e multireligiosa e perciò è giusto che nei luoghi pubblici non vi sia alcun simbolo religioso. Questo principio, che sembra ovvio, è già riconosciuto implicitamente dalla nostra Costituzione, con l’art.7 che recita: “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani...” e l’art.8 che recita: ”Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge...”Quindi tutti i seguaci di un culto, qualunque esso sia, hanno diritto a professare, propagandare e insegnare la propria religione, esporre i propri simboli nei loro luoghi di culto, rispettando la laicità dello Stato, che rappresenta tutti i cittadini. Le reazioni isteriche di chi interpreta questa sentenza della Corte europea come un’offesa a Cristo sono assurde. Cristo resta comunque uno dei più grandi personaggi dell’umanità, il primo socialista idealista difensore dei più poveri e diseredati, i cui insegnamenti restano validi, dopo venti secoli, per credenti e non credenti....."

E pure condivisibile la valutazione di un religioso cattolico come don Enzo Mazzi, che ha scritto un articolo significativamente intitolato "Meno croce più Vangelo", pubblicato il 6 novembre su Il Manifesto e ripreso da Micromega.Ma questo non è stato il solo religioso a distinguersi dalla massa degli improvvisati crociati. Maria Bonafede, moderatore della Tavola valdese, ha dichiarato:

"E' una sentenza importante che finalmente inquadra la questione dell'esposizione dei simboli religiosi in una cornice europea di laicità e di tutela dei diritti di tutti: di chi crede, di chi crede diversamente dalla maggioranza e di chi non crede. Ancora una volta emerge la fragilità, logica prima e giuridica dopo, della tesi secondo cui il crocefisso imposto nelle aule italiane non è un simbolo religioso ma sarebbe l'espressione della cultura nazionale. La verità è che il crocefisso nei luoghi pubblici, come il privilegio dell'Insegnamento religioso cattolico, rimandano all'Italia di un tempo antico e dello stato confessionale. La sfida oggi - conclude Maria Bonafede - è invece quella del pluralismo delle culture e della convivenza tra chi crede e chi non crede nel quadro del valore costituzionale della laicità".


Si dovrebbe leggere quanto ha scritto e ben spiegato a proposito degli aspetti giuridici e delle competenze della Corte europea, Rita Guma in un articolo intitolato "Crocifisso e Corte dei Diritti : quanta disinformazione"

http://www.osservatoriosullalegalita.org/09/acom/11nov1/0611ritacrox.htm

Ne riporto qui solo il concetto di base: "la sentenza esprime il principio generale della illiceita' dell'imposizione di QUALSIASI simbolo religioso da parte dello Stato nei luoghi pubblici". E va ricordato che questa Corte dei diritti dell'uomo è costituita da 47 Stati membri del Consiglio d'Europa, non solo dai 27 membri della UE. E' un organismo che svolge una funzione di tutela dei diritti dei cittadini di tutti questi Stati, nei casi più diversi di violazioni che non abbiano trovato tutela in patria.

Corte che si e' sempre pronunciata per la laicita' dello Stato come difesa dei diritti di credenti e non credenti, anche quando si trattava di condannare la Sharia per la sua contrarieta' alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Convenzione che e' l'unico riferimento per questa istituzione, i cui componenti sono eletti dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa per ciascun Paese fra i TRE proposti dal governo di ciascuno Stato. E' un organismo internazionale che quindi andrebbe meglio conosciuto e valorizzato anche nel caso di abusi, prevaricazioni o violenze che venissero da parte islamica.

Alla luce di tutto ciò mi sembrano ingiustificati , anzi controproducenti, sia il ricorso che il Governo italiano ha voluto subito presentare contro la sentenza, che la dichiarazione che i parlamentari italiani di tutti i partiti si sono affrettati a sottoscrivere e inviare al Parlamento europeo perchè si pronunci contro la detta sentenza della Corte di Strasburgo. Questi onorevoli signori rappresentanti dell'Italia che litigano su tutto, si trovano stranamente d'accordo solo quando c'è da votare per aumentarsi la paga e per negare l'autorizzazione a procedere quando qualcuno di loro è inquisito. E non vorrei che anche questa ritrovata unanimità in difesa dei crocefissi fosse sotto sotto interessata: a garantirsi, oltre ai voti dei buoni parrocchiani mal informati, il favore dei vescovi e il voto dei Popolari europei perchè accettino D'Alema come Commissario europeo per gli Esteri..... A pensar male si fa peccato ma spesso ci si indovina.

Purtroppo noi in Italia siamo specialisti nello scatenare tempeste in un bicchier d'acqua e siamo sempre pronti a dichiarare crociate per falsi problemi, anche per evitare di affrontare quelli veri. I crocifissi nelle aule di scuola e di tribunale non servono proprio a nulla, nè alla fede, nè all'arte, nè a rendere migliore o a "proteggere" la diffusione della cultura e l'amministrazione della giustizia. Stanno lì a raccogliere solo polvere per un inutile puntiglio delle autorità ecclesiastiche e politiche, per certificare e imporre ufficialmente la supremazia della religione cattolica sulle altre religioni e sullo Stato stesso. Sarebbe meglio si pensasse al fatto concreto che, nonostante i crocifissi appesi e le benedizioni inaugurali obbligatorie, le scuole in gran parte non a norma talvolta crollano con i bambini dentro, le case e le chiese crollano per frane e terremoti aggravati da incuria umana, tanti "poveri cristi" in carne ed ossa subiscono ingiustizie per mano di chi ha qualche potere fino a morirne.

Chissà se il Gesù dei cristiani credenti, risorto e seduto a fianco del Padre nell'alto dei cieli (!?), ride o piange di fronte a tanto sfoggio di zelo di chi lo vuole vedere raffigurato ovunque e in eterno appeso alla croce a cui l'hanno inchiodato due millenni fa i potenti ecclesiastici e politici del suo tempo, per punirlo di una sua modesta contestazione. Io credo che preferirebbe vedere in giro meno crocefissi e più amore per il prossimo, solidarietà, impegno disinteressato, onestà, soprattutto da parte di chi pretende di rappresentare il popolo e ancor più da chi pretende di rappresentare Dio. L'Italia è piena di Chiese, oratori , musei colmi di opere d'arte di carattere religioso. Nessuno ce le può o le vuole togliere. Ci mancherebbe! Ma la cultura, l'identità nazionale , la storia d'Italia non si identificano solo in questo aspetto o in questo simbolo, che, tra l'altro , non è sempre stato usato come mezzo per ispirare amore, giustizia, uguaglianza, libertà e laicità, ma per imporre tutto il contrario....