domenica 11 marzo 2012

Falcone e Borsellino uccisi una seconda volta, dalla Cassazione


Falcone e Borsellino sono stati uccisi una seconda volta; e dalla Corte di Cassazione. Metaforicamente s'intende, ma con conseguenze  anche  reali e sostanziali sul presente e il futuro dei processi contro la criminalità organizzata. Con le motivazioni espresse dal Procuratore Generale di questa Corte per annullare la sentenza di appello che condannava Dell'Utri, la lotta di Falcone e Borsellino e altri giudici contro la  mafia degli esecutori materiali e dei mandanti e di tutti quei signori in camicia bianca, politici e della "società civile", che direttamente o indirettamente ne determinano o favoriscono le azioni, o ne traggono vantaggio tramite rapporti di amicizia e contiguità, sembra perduta.
Prima con la loro morte fisica per mano di criminali, ora con la morte delle loro idee, per bocca di alti magistrati, chiamiamoli ipergarantisti per carità di patria, tanto premurosi nel difendere i "diritti" di uomini potenti  dalle accertate e reiterate cattive frequentazioni con mafiosi di prima linea.
Se un alto magistrato della Corte di Cassazione afferma che il "concorso esterno in associazione mafiosa è diventato reato autonomo in cui nessuno crede più“, siamo a un passo dal dire, come decenni fa, che "la mafia non esiste"
Quando è vero invece,  che la mafia sul "concorso esterno" ci campa e prospera e si garantisce, spesso, l'impunità. Lo testimonia il potere di condizionamento da essa raggiunto in tutti i campi e le sue ramificazioni e infiltrazioni  nel mondo economico, politico e delle amministrazioni locali. Tanti altri magistrati, inquirenti e giudicanti, che hanno vissuto e lottato sul campo  e studiato il fenomeno, lo hanno affermato con convinzione  e anche con prove, quando è stato possibile  raccoglierle. Cosa difficilissima, perchè  le eminenze grigie  dei favoreggiatori e  dei sostenitori o beneficiati  esterni stanno ben attenti a non sporcarsi direttamente le mani, le lasciano sporcare ad altri.

Che il PDL, o la destra italiana, si lasci guidare ancora da Berlusconi e Alfano, e dai tipi come dell'Utri, e gioisca di questa sconfitta della giustizia che non riesce a colpire il terreno di coltura di cui si nutre la mafia in Italia, è veramente triste.
Dopo la sentenza della Cassazione sono innumerevoli le dichiarazioni e le congratulazioni al senatore Dell'Utri tra le fila del centrodestra. Dichiarazioni da incorniciare per far capire di che pasta sono fatti i dirigenti del partito personale di Berlusconi, fondato da lui e da Dell'Utri.

«Tieni duro e continua a difenderti con grande orgoglio e straordinaria dignità come hai fatto in questi anni», afferma il segretario del Pdl Angelino Alfano rivolgendosi a Dell'Utri.
«L'annullamento del processo a carico del senatore Marcello Dell'Utri è una buona notizia, per cui non possiamo che rallegrarci, ma al tempo stesso non possiamo non ammettere amaramente che nessuno potrà mai sanare la gravità delle accuse e il peso delle sofferenze patite ingiustamente dal senatore Dell'Utri nel corso di questi anni» ha affermato il coordinatore del Pdl Sandro Bondi. 

Gianfranco Rotondi, membro dell'Ufficio di Presidenza del Pdl: «Voglio esprimere la mia soddisfazione per la decisione della Corte di Cassazione in merito al processo Dell'Utri. Per il senatore Dell'Utri inizia il secondo tempo della sua vita fatta finalmente di giustizia»

Il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri: «Le parole del Pg e la decisione della Cassazione sembrano demolire l'azione di militanza politica portata avanti nel caso Dell'Utri da alcuni settori della minoranza politicizzata della magistratura ...

E tutto questo arriva pochi giorni dopo l'affossamento per prescrizione del processo contro Berlusconi  per l'accusa di corruzione (accertata) dell'avvocato Mills.

Qualcuno trova una coincidenza  nella liberazione di Berlusconi e del suo fedelissimo alleato da pendenze giudiziarie che avrebbero potuto portarli in galera; "liberazione" provvidenzialmente arrivata 100 giorni dopo le sue dimissioni da capo del governo. Sarebbe devastante  se fosse vera l'ipotesi che questo era il prezzo (segreto, ovviamente, e inconfessabile) da pagare per convincere Berlusconi a farsi da parte e "salvare" l'Italia dal baratro economico.

Così non si salva nulla ma si perpetua una gravissima malattia che mina legalità, giustizia, principio di uguaglianza  e valori etici che dovrebbero essere irrinunciabili in una democrazia sana.