Avevamo, anzi, abbiamo, un Papa-Re, infallibile, intoccabile, "irresponsabile", immune da qualsiasi controllo, critica e (orrore!) intercettazione telefonica, e non lo sapevamo.
Per la verità qualcuno se n'era già accorto che Giorgio Napolitano aveva un alto concetto di sè e della sua funzione di Capo dello Stato che lo faceva apparire come un "grande Timoniere" (ricordate Mao e il suo libretto rosso di massime eterne?), padre e padrino, guida spirituale, morale e politica degli italiani sempre un po' nostalgici di "uomini della Provvidenza", re e regine e santi protettori.
Certo, in mancanza di veri leader politici che sapessero convincere o affascinare, e a fronte del degrado berlusconiano, la figura di Napolitano, un po' monarchica e un po' cardinalizia, dispensatrice di moniti, prediche e auspici quotidiani su tutto lo scibile umano, presente ogni giorno sugli schermi televisivi per ogni inaugurazione, commemorazione, visita di Stato o di circostanza, all'inizio poteva anche risultare autorevole, rassicurante e consolatoria.
Nonostante il suo passato politico di comunista "migliorista", capace di giustificare dittature e carri armati sovietici a Budapest senza rimorsi o sensi di colpa, una volta salito al Quirinale si poteva credere ad una sua sincera conversione alla democrazia, e alla conclamata fedeltà alla Costituzione repubblicana. Come si diceva una volta, in fondo, "nel mondo dei ciechi gli orbi sono re".
Ma poi via via, anno dopo anno, monito dopo monito, è apparsa chiaramente anche una linea politica presidenziale ben precisa, improntata ad una realpolitik molto attenta a difendere l'establishment, i poteri costituiti, le scelte e le leggi volute dal Governo Berlusconi fino all'estremo (lodo Alfano compreso, con immunità per i magnifici 4, massime cariche dello Stato...), ma anche e soprattutto a difendere le proprie prerogative, aggiungendovene magari qualcuna, pure lui "ad personam".
Da anni, pur dichiarandosi ogni giorno al di sopra delle parti, e votato alla "condivisione" e alla "coesione", mostrava il suo fastidio e la sua ostilità con severi rimbrotti per alcune opposizioni (Di Pietro, Grillo...) e per alcuni magistrati che si occupavano dei processi berlusconiani o che rilasciavano pareri sui giornali contro progetti di legge -bavaglio; magistrati da lui spesso accusati di protagonismo e invitati ad "abbassare i toni", o meglio a tacere, e a non credersi "missionari" della giustizia.
Ma non dimostrava lo stesso zelo nel condannare i ricorrenti insulti, volgarità e accuse esorbitanti contro la Magistratura espressi da Berlusconi, da Bossi e da tanti esponenti PDL e della Lega.
Ora è decisamente uscito allo scoperto, con le ultime prese di posizione contro i magistrati di Palermo che indagano sulle trattative Stato-mafia del 1992-93, arrivando al ricorso presso la Corte Costituzionale per conflitto di attribuzione.
Ma quello che lascia sconcertati è l'atteggiamento di certi giornali e giornalisti di sinistra che si comportano nei confronti di Napolitano con lo stesso servile ossequio e roboante difesa d'ufficio dei giornalisti di regime ai tempi di Mussolini.
E mi riferisco in particolare a Repubblica, e a Scalfari. Lo stesso giornale che ha pubblicato per mesi un ex-post simbolico contro le leggi bavaglio berlusconiane battendosi per la libertà di stampa e di intercettazione, che ha pubblicato per mesi le "dieci domande" a Berlusconi chiedendogli di chiarire le sue vicende, non tanto per gli aspetti penali, ma per il suo dovere di uomo pubblico con responsabilità di governo; lo stesso giornale che da giorni pubblica la stessa domanda all'indagato Formigoni perchè fornisca le ricevute di pagamento delle sue vacanze, ritiene scandaloso che si richieda la stessa trasparenza e sincerità al Capo dello Stato che permetterebbe di far luce su un fatto ben più grave della nostra storia.
Il giornale di ieri dedicava una pagina intera alla versione difensiva dell'Avvocatura di Stato mobilitata in difesa di Napolitano (ma tale documento non dovrebbe essere al momento riservato?), intitolando l'articolo principale "Quei pm sono scorretti è contro la Costituzione intercettare il Quirinale".
E nei vari sommarietti e occhielli evidenziate le accuse chiave: "Grave vulnus alle prerogative del Colle", "Le telefonate del Presidente, anche se indirette, sono assolutamente vietate", "Gli ascolti del Presidente non possono in alcun modo essere valutati, utilizzati, trascritti", "Fino a quando è in carica il Capo dello Stato non può essere limitato nelle sue comunicazioni".
Mamma mia che impressione!
Sta forse per scoppiare la terza guerra mondiale e bisogna difendere segreti di Stato e il nostro Capo dal nemico che sta per invaderci?
Macchè.... si tratta solo di non far sapere cosa ha detto il presidente della Repubblica ad un invadente senatore suo amico, ex capo del CSM e del Senato stesso che non voleva essere interrogato dai giudici circa il suo eventuale coinvolgimento o consapevolezza di una trattativa tra organi dello Stato e mafiosi.
Se Napolitano ha tanto terrore che si sappia quel che si sono detti con Mancino, dobbiamo aggiungerlo alla black list degli ambigui: Andreotti, Cossiga, Berlusconi, Dell'Utri .....
E che il grande giornalista ottuagenario Scalfari, simbolo della sinistra, si scaldi tanto nel difenderlo a spada tratta, mi insospettisce assai sulle compromissioni del passato tra DC-PCI e ...mafia.