Mentre imperversano le polemiche tra politici e amministratori
nazionali e locali sul che fare per affrontare una immigrazione
quotidiana che ha assunto ormai le dimensioni di una invasione
organizzata, da tempo premeditata e tutt’altro che disinteressata, sia
“a monte” che “a valle”, dall’Africa e dai paesi islamici all’Italia,
non sapendo sinceramente a chi dare ragione o torto, tra facili
strumentalizzazioni di parte, parole e solidarismi a vuoto, e problemi
reali che nessuno sa bene come risolvere in modo equo e saggio, sia a livello nazionale che internazionale, io oggi
preferisco soffermarmi a commentare l’ultimo discorso di papa Francesco, pronunciato ieri nel corso di una messa e ripreso dai giornali.
Discorso un po’ sibillino secondo il mio punto di vista, nel quale ha
assemblato tante affermazioni di carattere generale, di significato
diverso, con destinatari specifici sottintesi, accostate con un
equilibrismo che non so se definire di stile gesuitico, o, detto in
parole povere, in politichese, o, meglio, secondo il detto “parlo a nuora perchè suocera intenda “.
E le “suocere” da ammonire, anche se non nominate espressamente dal papa, secondo me, erano due: da una parte i fedeli e i prelati che prosperano da decenni intorno ai presunti “veggenti” di Medjugorje che da 34 anni fanno i portavoce della Madonna a ore fisse attirando milioni di fedeli (e offerte), e, dall’altra, il teologo Vito Mancuso
che era intervenuto qualche giorno prima a Genova ad un convegno –
dibattito filosofico promosso dal quotidiano La Repubblica, ed aveva
fatto un interessante discorso nel quale il punto centrale era
l’invito a riformulare la prima preghiera cristiana con questo incipit:
“Padre nostro che sei in terra” (invece di Padre nostro che sei nei cieli), suggerendo quindi un modo nuovo di intendere Dio.
Dal passato remoto (tuttora presente) della fede intesa così come la intendono e vivono quelli che credono alle “apparizioni” della Madonna, qua e là e a “veggenti” di vocazione o di mestiere, al salto nel possibile futuro
di una nuova fede religiosa che travalichi le indicazioni e le
formulazioni dogmatiche tramandate dalla Chiesa, e dalla Bibbia, per
secoli e millenni, se non rispondono più al sentimento, alla ragione, alle esigenze e ai bisogni
degli uomini.
Mi pare che il pontefice stia tra due fuochi che, qualunque posizione prenda, possono bruciarlo (come ci si è bruciato, fino alle rivoluzionarie dimissioni, papa Ratzinger). Forse è per questo che è stato così “soft”, nonostante non gli piaccia questo termine.I
giornali hanno riportato e interpretato il suo discorso solo come una
anticipazione di un possibile pronunciamento critico nei confronti del
fenomeno fideistico che si è così fortemente radicato nel popolo dei
fedeli più credenti ( o creduloni….) mentre tutti aspettano una presa
di posizione chiara e autorevole da parte della massima autorità della
Chiesa, promessa dal papa dopo anni di incertezza e pareri contrastanti
di prelati di vario livello e la crescita abnorme di un contorno
mercenario-turistico fiorito intorno alla cittadina bosniaca. Il fatto
che papa Francesco abbia comunque già affermato che “la Madonna non manda emissari” e ironizzato sui “veggenti delle 4 del pomeriggio“,
fa presumere quale sia il suo pensiero a proposito di Medjugorje. Ma
se la sentenza ufficiale finale della apposita commissione sarà di
sconfessione delle “apparizioni“, scoppierà il finimondo,
perchè c’è ancora tanta parte di fedeli che di queste forme di
devozione, più superstiziose, idolatriche e pagane che cristiane, ha
bisogno; o così crede, perchè ne è stata educata fin dall’infanzia da un
catechismo e da una consuetudine clericale che di questi aspetti ha
fatto un punto di forza e ne è stata fortemente nutrita e influenzata.
Quel bell’esemplare di superzelante convertito che è diventato Paolo
Brosio ha già scritto al papa per testimoniargli tutti i benefici
spirituali e i miracoli e le guarigioni di tumori e Sla che -secondo lui - i
pellegrinaggi a Medjugorie avrebbero regalato all’umanità. E lo implora di
darne riconoscimento ufficiale.
E poi, se si mette in discussione Medjugorje, prima o poi per coerenza bisognerà ripensare alla veridicità di apparizioni e miracoli di Fatima e Lourdes, e alla “sacra sindone”
e a tutto l’armamentario e reliquario miracolistico che sta intorno a
mille Santuari e ha fatto peregrinare milioni di fedeli per l’Italia e
per il mondo; per non parlare del senso (spirituale o
turistico-commerciale??!!) che si dovrebbe dare al prossimo Giubileo…
Va be’ , problemi loro - posso dirlo - perchè io a miracoli,
apparizioni e reliquie non ci ho mai creduto, anzi mi hanno allontanato
dalla religione. Ma mi piacerebbe vedere più gente (prelati e fedeli)
che si affida alla ragione e alla pratica di opere buone, oneste e
giuste piuttosto che a questo tipo di fede e devozione, basata su culti
esteriori, riti, processioni, pellegrinaggi e genuflessioni davanti a
statue e pose ieratiche a mani giunte e con gli occhi rivolti al cielo,
come se fosse questa l’essenza e il valore del cristianesimo.
Per questo ho letto con interesse l’intervento del teologo Vito Mancuso che finalmente ha avuto il coraggio di mettere in discussione anche l’idea di un Dio che “sta nell’alto dei cieli”, con un “Gesù seduto alla destra del Padre“;
idea , anche a mio parere, arcaica, che ci è stata inculcata dalla
Chiesa e dalla Bibbia, con i suoi racconti che presentano un Dio a
immagine e somiglianza di uomo (come il Giove pagano stava sul monte
Olimpo) e che era ora di mettere in discussione. Del resto Mancuso non è
nuovo a prese di posizione che la Chiesa non ha ancora ufficialmente
definito “eretiche” (oggi non sarebbe molto popolare riesumare
medioevali espressioni e scomuniche), ma che in molti nel mondo
cattolico hanno criticato.
Cito solo qualche cenno da http://it.wikipedia.org/wiki/Vito_Mancuso
………
“Il pensiero di Vito Mancuso si può connotare come evoluzionismo teologico…...segue la corrente dell’emergentismo che ha una visione evoluzionista dell’essere…
…Per la rivista dei gesuiti La Civiltà Cattolica Vito Mancuso arriva “a negare o perlomeno svuotare di significato circa una dozzina di dogmi della Chiesa cattolica”, finendo così per alimentare la confusione. …..
Don Gianni Baget Bozzo ha parlato della teologia mancusiana in termini di “destino gnostico”. A tale proposito occorre segnalare anche un intervento su Famiglia Cristiana da parte di Enzo Bianchi, priore della comunità di Bose, che pure ha attribuito al pensiero di Mancuso la qualifica di gnosticismo…."
Dunque, anche se nessuno dei commentatori finora lo ha notato, la
seconda parte del monito di papa Francesco era proprio diretto a Mancuso
quando ha detto, tra l’altro…. “l’identità «può indebolirsi e può
perdersi». «La croce – ha continuato – è uno scandalo» e quindi c’è chi
cerca Dio «con queste spiritualità cristiane un po’ eteree», gli «gnostici moderni» (e gnostici moderni non possono certo essere definiti i fan delle apparizioni...).
E’ evidente che il buon Francesco non condivide affatto il balzo in
avanti di Vito Mancuso, ed è ancorato ad una religiosità che non può
permettersi di mettere in discussione dogmi e rituali consolidati, nel
timore che crolli tutto l’impianto teologico.
Anche a costo di perdere
comunque un’altra parte di fedeli o ex fedeli a cui di questi dogmi non
importa più nulla.
** Intanto la cronaca di oggi 10 giugno 2015 ci segnala questi fatti
poco edificanti per la sua Chiesa che il papa deve affrontare:
– Affidati alla Congregazione della dottrina della Fede i
giudizi sui prelati che non hanno dato seguito adeguato alle denunce di
abusi compiuti su minori….
– Cliniche del Vaticano – Dieci arresti (tre in carcere e
sette ai domiciliari, tra cui 2 suore ) per il crac della Casa Divina
Provvidenza di Bisceglie,…“Siamo grati al Vaticano – ha detto il pubblico ministero
– perché siamo stati tra le prime autorità giudiziarie a beneficiare
del nuovo corso di trasparenza e collaborazione della banca vaticana
voluto dal santo padre”.
Collaborazione e trasparenza – è sottinteso ma chiaro- che finora sono sempre mancate, su gravi fatti reiterati nel tempo e che, questi sì, hanno generato tanta "confusione" nei fedeli….
mercoledì 10 giugno 2015
lunedì 1 giugno 2015
Un'altra vittoria di Pirro per il PD
E' in pieno svolgimento l'ultimo atto del penoso teatrino della politica italiana, con i commenti a caldo sui risultati delle elezioni di ieri in 7 Regioni. E ci aggiungo il mio.
Ho appena ascoltato, con sofferenza, le dichiarazioni ufficiali in rappresentanza del PD della vicesegretaria Debora Serracchiani, del Presidente del PD Matteo Orfini (ex "giovane turco" pienamente convertito alla causa renziana e mansueto come un agnellino da quando ha ricevuto la carica) e di renziani di ferro come Guerini o Carbone e altre. Chi in vecchio stile politichese-dalemiano, chi in stile Biancofiore (nel senso di amazzone veteroberlusconiana in versione pro-Renzi) e chi più aggressivo, ma tutti col dente avvelenato contro la minoranza "di sinistra", e tutti pronti nel definire quella del PD una "vittoria ", perchè i suoi candidati hanno avuto la maggioranza in 5 regioni su 7. In apparenza, se ci si ferma a questo dato, potrebbero avere ragione.
Ma di dati ne sono emersi anche altri, e molto preoccupanti, tanto che per il PD, e per Renzi, segretario del partito oltre che capo del governo, questa può essere considerata una dolorosa "vittoria di Pirro", per le perdite che ha subito. Tanto da far sembrare la sua tempestiva trasferta in Afghanistan, in orribile giacca mimetica su jeans, una fuga da una realtà che non sa come affrontare.
Naturalmente di un cenno di autocritica o di riflessione su eventuali proprie responsabilità per i dati negativi emersi, pur evidenti, neanche l'ombra. Si parla invece di "resa dei conti" e di punizione dei presunti "colpevoli" (gli altri, quelli in minoranza, ovviamente...)
- ASTENSIONE primo partito, di maggioranza quasi assoluta.
Un altro calo di votanti del 10% rispetto alle elezioni precedenti (già molto disertate) ha portato la percentuale dei votanti a poco più del 50%. Checchè ne dicano Renzi e il suo plotone di fedelissimi, questo è un dato di fatto che testimonia un'ulteriore disaffezione e sfiducia degli italiani per tutta la classe politica in carica e candidata, e anche una manifestazione di sfiducia in particolare per Renzi e per il suo governo.
Le sue "riforme" e il suo tenace proposito di "cambiare l'Italia", visti i modi e i contenuti imposti finora, non sono piaciuti a metà degli italiani. A torto o a ragione, e secondo me, a ragione. In ogni caso, chi governa, deve tener conto dell'espressione di malcontento e sfiducia nei suoi riguardi, da parte dei cittadini elettori. Le elezioni in democrazia servono a questo.
Invece, secondo il suo stile, Renzi dirà, anzi l'ha già detto, che non è cambiato nulla e che lui "non molla" e "va avanti a cambiare l'Italia" a modo suo ovviamente, come niente fosse successo; ma sbaglia. Errare è umano, perseverare è diabolico.
Purtroppo gli uomini di potere, che amano il potere fine a se stesso, non fanno mai autocritiche, non cambiano metodo e non si dimettono mai, ma portano le loro sfide e prove di forza fino all'estremo limite, finchè la corda non si spezza, o qualcuno più forte di loro li batte.
- CALO DEL PD come partito.
Renzi finora ha campato di rendita su un precedente 41% di voti ottenuti dai candidati PD alle elezioni europee, sorvolando sul fatto che quelli non erano stati voti per lui e per il suo governo di "larghe intese" e "patto del Nazareno" con Berlusconi, se non indirettamente e in parte. Ora però da queste elezioni regionali, dopo oltre un anno di gestione sua, emerge che il PD nelle liste di partito ha avuto percentuali molto basse, intorno al 22% in media, quindi il consenso per il partito di cui è segretario è calato di molto. Si parla di 2 milioni di voti in meno rispetto a qualche anno fa e alla gestione Bersani. E lui come segretario non può non tenerne conto e se ne deve assumere la responsabilità.
Quantomeno dovrebbe dimettersi da questa carica, visto anche come ha gestito malamente le candidature, sia quelle vincenti che quelle perdenti, e soprattutto come ha gestito i rapporti con le minoranze, "di sinistra" o comunque dissenzienti su tante riforme istituzionali importanti, esaperando sempre i toni, sfidando sindacati, lavoratori e vecchi militanti e sbeffeggiando ogni giorno con battute sprezzanti come "gufi" e menagramo chiunque non condividesse le sue scelte, portando figure storiche del PD come Cofferati e giovani dissidenti come Civati e altri, fuori dal partito o sul limite di rotture e scissioni.
Dare oggi la colpa alla "sinistra" della lista Pastorino se ha perso la maggioranza in Liguria, regalandola al centrodestra di Giovanni Toti, portavoce quasi maggiodomo di Berlusconi, è il colmo dell'assurdo se non del ridicolo. E' tutta la gestione del potere PD in Liguria, passata e recente, che ha portato ad una candidatura sbagliata, nel modo sbagliato (primarie concordate con frange di destra...) e quindi ad una rottura e divisione e disaffezione degli elettori di sinistra che non si sono sentiti rappresentati dalla Paita.
L'accusa contro la sinistra dissidente di aver favorito Berlusconi, pronunciata da chi, come Renzi, sull'alleanza con Berlusconi ha costruito il suo successo, la sua linea politica, il programma di riforme e la sua scalata a capo del governo di "larghe intese", è un ulteriore segno di arroganza e di ribaltamento delle carte.
I governatori del PD che hanno vinto, come Emiliano in Puglia e Rossi in Toscana, sono figure quasi "storiche" di un PD di mezza età, poco renziane e più uliviste, con forte radicamento personale sul loro territorio e alleate con la vituperata (da Renzi) "sinistra".
L'unica "giovane" renziana (sia pur di penultima ora), Alessandra Moretti, ha perso sonoramente, e non c'era una lista Pastorino a toglierle voti, anzi c'era un centrodestra diviso che ciò nonostante ha stravinto con Zaia...
Insomma, per dirla spiccia, il poco illuminato disegno renziano di cambiare il PD, modificandolo geneticamente per disfarsi della vecchia e nuova sinistra e per imbarcare elettori e politiche di destra, si è rivelato un flop.
Perchè ha perso voti a sinistra, favorendo una buona affermazione generale del M5S, ma non ha conquistato quelli di destra o di centro, che sono in parte tornati all'ovile dietro il bonario Toti o Zaia, o dietro l'estremista leghista Salvini; o, pure loro in tanti, non sono andati a votare.
La "vittoria" dell'inquisito De Luca in Campania e il linciaggio della Bindi
Un caso a parte, ma comunque molto significativo del dramma del Pd in Campania, con pesanti riflessi nazionali, è quello emerso con la forzata candidatura di Vincenzo De Luca. Con la sua ossessiva convinzione di volere e dovere vincere a tutti i costi anche in Campania, non importa come e con chi, Renzi ha accettato e poi sostenuto la candidatura di un personaggio potente, popolare ma ambiguo, vincente alle primarie con il concorso di elementi di destra fascista e del clan cosentiniano, e gravato da un paio di imputazioni che lo rendevano politicamente inopportuno, "impresentabile" e non eleggibile secondo la legge Severino.
Forzatura politicamente molto gravosa per l'immagine di un PD "pulito" che dovrebbe essere difensore della legalità e della legge uguale per tutti. Forzatura aggravata nell'ultimo giorno di campagna elettorale con il linciaggio mediatico e dichiarazioni da codice penale di alcuni esponenti PD, De Luca in testa, contro la Bindi, presidente della Commissione Antimafia che, nell'esercizio, legittimo, delle sue funzioni, unanimemente accettate e condivise fino a qualche ora prima, aveva reso pubblico un elenco di candidati con pendenze giudiziarie, tra cui, appunto, De Luca.
Poi De Luca, come prevedibile, ha vinto lo stesso (e i cosentiniani esultano); ma adesso si dovrebbe sospenderlo in applicazione della legge Severino, e tocca proprio a Renzi (ancora in giacca mimetica!?) firmare l'atto. Se non lo firmerà e troverà un escamotage per salvare De Luca e la sua "vittoria", un'ombra molto scura graverà sulla credibilità del Pd come partito della legalità e dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
Ho ascoltato l'intervento minaccioso e vendicativo di De Luca contro la Bindi, e ho ascoltato le ragioni espresse dalla Bindi.
Io sto, ancora una volta, con la Bindi.
Un partito che "rottama" a senso unico solo chi non piace o non ubbidisce al capo, e che sostiene invece un De Luca non è il mio partito.
Conclusione
Hanno "vinto" tutti i partiti, a sentir loro, ognuno secondo il suo punto di vista; ma si naviga a vista nella confusione ideologica e programmatica più totale, a destra, come a sinistra o al centro.
Così hanno perso un'altra occasione tutti gli italiani, soprattutto quelli che vorrebbero essere rappresentati e votare per candidati che si battano per una precisa e chiara linea politica e un'idea di società a cui si aspira.
Hanno perso tutti gli italiani che aspettano ancora dagli eletti che vengano risolti problemi gravissimi come il debito pubblico che cresce, la disoccupazione, la corruzione e le mafie sempre potenti e dilaganti, i ritardi su una legislazione laica che tuteli i diritti civili, l'immigrazione incontrollabile, l'espansione dell'estremismo islamico e le relative complicazioni internazionali, ecc. ecc..
Ho appena ascoltato, con sofferenza, le dichiarazioni ufficiali in rappresentanza del PD della vicesegretaria Debora Serracchiani, del Presidente del PD Matteo Orfini (ex "giovane turco" pienamente convertito alla causa renziana e mansueto come un agnellino da quando ha ricevuto la carica) e di renziani di ferro come Guerini o Carbone e altre. Chi in vecchio stile politichese-dalemiano, chi in stile Biancofiore (nel senso di amazzone veteroberlusconiana in versione pro-Renzi) e chi più aggressivo, ma tutti col dente avvelenato contro la minoranza "di sinistra", e tutti pronti nel definire quella del PD una "vittoria ", perchè i suoi candidati hanno avuto la maggioranza in 5 regioni su 7. In apparenza, se ci si ferma a questo dato, potrebbero avere ragione.
Ma di dati ne sono emersi anche altri, e molto preoccupanti, tanto che per il PD, e per Renzi, segretario del partito oltre che capo del governo, questa può essere considerata una dolorosa "vittoria di Pirro", per le perdite che ha subito. Tanto da far sembrare la sua tempestiva trasferta in Afghanistan, in orribile giacca mimetica su jeans, una fuga da una realtà che non sa come affrontare.
Naturalmente di un cenno di autocritica o di riflessione su eventuali proprie responsabilità per i dati negativi emersi, pur evidenti, neanche l'ombra. Si parla invece di "resa dei conti" e di punizione dei presunti "colpevoli" (gli altri, quelli in minoranza, ovviamente...)
- ASTENSIONE primo partito, di maggioranza quasi assoluta.
Un altro calo di votanti del 10% rispetto alle elezioni precedenti (già molto disertate) ha portato la percentuale dei votanti a poco più del 50%. Checchè ne dicano Renzi e il suo plotone di fedelissimi, questo è un dato di fatto che testimonia un'ulteriore disaffezione e sfiducia degli italiani per tutta la classe politica in carica e candidata, e anche una manifestazione di sfiducia in particolare per Renzi e per il suo governo.
Le sue "riforme" e il suo tenace proposito di "cambiare l'Italia", visti i modi e i contenuti imposti finora, non sono piaciuti a metà degli italiani. A torto o a ragione, e secondo me, a ragione. In ogni caso, chi governa, deve tener conto dell'espressione di malcontento e sfiducia nei suoi riguardi, da parte dei cittadini elettori. Le elezioni in democrazia servono a questo.
Invece, secondo il suo stile, Renzi dirà, anzi l'ha già detto, che non è cambiato nulla e che lui "non molla" e "va avanti a cambiare l'Italia" a modo suo ovviamente, come niente fosse successo; ma sbaglia. Errare è umano, perseverare è diabolico.
Purtroppo gli uomini di potere, che amano il potere fine a se stesso, non fanno mai autocritiche, non cambiano metodo e non si dimettono mai, ma portano le loro sfide e prove di forza fino all'estremo limite, finchè la corda non si spezza, o qualcuno più forte di loro li batte.
- CALO DEL PD come partito.
Renzi finora ha campato di rendita su un precedente 41% di voti ottenuti dai candidati PD alle elezioni europee, sorvolando sul fatto che quelli non erano stati voti per lui e per il suo governo di "larghe intese" e "patto del Nazareno" con Berlusconi, se non indirettamente e in parte. Ora però da queste elezioni regionali, dopo oltre un anno di gestione sua, emerge che il PD nelle liste di partito ha avuto percentuali molto basse, intorno al 22% in media, quindi il consenso per il partito di cui è segretario è calato di molto. Si parla di 2 milioni di voti in meno rispetto a qualche anno fa e alla gestione Bersani. E lui come segretario non può non tenerne conto e se ne deve assumere la responsabilità.
Quantomeno dovrebbe dimettersi da questa carica, visto anche come ha gestito malamente le candidature, sia quelle vincenti che quelle perdenti, e soprattutto come ha gestito i rapporti con le minoranze, "di sinistra" o comunque dissenzienti su tante riforme istituzionali importanti, esaperando sempre i toni, sfidando sindacati, lavoratori e vecchi militanti e sbeffeggiando ogni giorno con battute sprezzanti come "gufi" e menagramo chiunque non condividesse le sue scelte, portando figure storiche del PD come Cofferati e giovani dissidenti come Civati e altri, fuori dal partito o sul limite di rotture e scissioni.
Dare oggi la colpa alla "sinistra" della lista Pastorino se ha perso la maggioranza in Liguria, regalandola al centrodestra di Giovanni Toti, portavoce quasi maggiodomo di Berlusconi, è il colmo dell'assurdo se non del ridicolo. E' tutta la gestione del potere PD in Liguria, passata e recente, che ha portato ad una candidatura sbagliata, nel modo sbagliato (primarie concordate con frange di destra...) e quindi ad una rottura e divisione e disaffezione degli elettori di sinistra che non si sono sentiti rappresentati dalla Paita.
L'accusa contro la sinistra dissidente di aver favorito Berlusconi, pronunciata da chi, come Renzi, sull'alleanza con Berlusconi ha costruito il suo successo, la sua linea politica, il programma di riforme e la sua scalata a capo del governo di "larghe intese", è un ulteriore segno di arroganza e di ribaltamento delle carte.
I governatori del PD che hanno vinto, come Emiliano in Puglia e Rossi in Toscana, sono figure quasi "storiche" di un PD di mezza età, poco renziane e più uliviste, con forte radicamento personale sul loro territorio e alleate con la vituperata (da Renzi) "sinistra".
L'unica "giovane" renziana (sia pur di penultima ora), Alessandra Moretti, ha perso sonoramente, e non c'era una lista Pastorino a toglierle voti, anzi c'era un centrodestra diviso che ciò nonostante ha stravinto con Zaia...
Insomma, per dirla spiccia, il poco illuminato disegno renziano di cambiare il PD, modificandolo geneticamente per disfarsi della vecchia e nuova sinistra e per imbarcare elettori e politiche di destra, si è rivelato un flop.
Perchè ha perso voti a sinistra, favorendo una buona affermazione generale del M5S, ma non ha conquistato quelli di destra o di centro, che sono in parte tornati all'ovile dietro il bonario Toti o Zaia, o dietro l'estremista leghista Salvini; o, pure loro in tanti, non sono andati a votare.
La "vittoria" dell'inquisito De Luca in Campania e il linciaggio della Bindi
Un caso a parte, ma comunque molto significativo del dramma del Pd in Campania, con pesanti riflessi nazionali, è quello emerso con la forzata candidatura di Vincenzo De Luca. Con la sua ossessiva convinzione di volere e dovere vincere a tutti i costi anche in Campania, non importa come e con chi, Renzi ha accettato e poi sostenuto la candidatura di un personaggio potente, popolare ma ambiguo, vincente alle primarie con il concorso di elementi di destra fascista e del clan cosentiniano, e gravato da un paio di imputazioni che lo rendevano politicamente inopportuno, "impresentabile" e non eleggibile secondo la legge Severino.
Forzatura politicamente molto gravosa per l'immagine di un PD "pulito" che dovrebbe essere difensore della legalità e della legge uguale per tutti. Forzatura aggravata nell'ultimo giorno di campagna elettorale con il linciaggio mediatico e dichiarazioni da codice penale di alcuni esponenti PD, De Luca in testa, contro la Bindi, presidente della Commissione Antimafia che, nell'esercizio, legittimo, delle sue funzioni, unanimemente accettate e condivise fino a qualche ora prima, aveva reso pubblico un elenco di candidati con pendenze giudiziarie, tra cui, appunto, De Luca.
Poi De Luca, come prevedibile, ha vinto lo stesso (e i cosentiniani esultano); ma adesso si dovrebbe sospenderlo in applicazione della legge Severino, e tocca proprio a Renzi (ancora in giacca mimetica!?) firmare l'atto. Se non lo firmerà e troverà un escamotage per salvare De Luca e la sua "vittoria", un'ombra molto scura graverà sulla credibilità del Pd come partito della legalità e dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
Ho ascoltato l'intervento minaccioso e vendicativo di De Luca contro la Bindi, e ho ascoltato le ragioni espresse dalla Bindi.
Io sto, ancora una volta, con la Bindi.
Un partito che "rottama" a senso unico solo chi non piace o non ubbidisce al capo, e che sostiene invece un De Luca non è il mio partito.
Conclusione
Hanno "vinto" tutti i partiti, a sentir loro, ognuno secondo il suo punto di vista; ma si naviga a vista nella confusione ideologica e programmatica più totale, a destra, come a sinistra o al centro.
Così hanno perso un'altra occasione tutti gli italiani, soprattutto quelli che vorrebbero essere rappresentati e votare per candidati che si battano per una precisa e chiara linea politica e un'idea di società a cui si aspira.
Hanno perso tutti gli italiani che aspettano ancora dagli eletti che vengano risolti problemi gravissimi come il debito pubblico che cresce, la disoccupazione, la corruzione e le mafie sempre potenti e dilaganti, i ritardi su una legislazione laica che tuteli i diritti civili, l'immigrazione incontrollabile, l'espansione dell'estremismo islamico e le relative complicazioni internazionali, ecc. ecc..
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