Non sono una fan dei processi mediatici che voltano e rivoltano per anni i casi di cronaca nera, spiattellando pareri (interessati) di avvocati delle parti, esperti tuttologi a gettone di presenza, testimoni veri e presunti, amici, parenti e vicini di casa e quant'altro possa servire a inzuppare il pane della curiosità morbosa di certo pubblico.
Ho sempre cercato di conoscere e di capire distinguendo il giornalismo di informazione presumibilmente seria, dal giornalismo-spettacolo dei talk show televisivi. Ma non posso esimermi dal commentare quest'ultima sentenza della corte di Cassazione che ha assolto Raffaele Sollecito e Amanda Knox dall'accusa di aver ucciso la studentessa inglese Meredith Khercher 8 anni fa, per le implicazioni e conseguenze che comporta.
Sentenza sconcertante e preoccupante perchè arriva a ribaltare precedenti sentenze e dopo 5 processi, dai quali sono scaturite per 3 volte condanne e per 2 volte assoluzioni.
Caso emblematico ma comunque non raro, frutto della complessità e delle contraddizioni del nostro sistema giudiziario e dei suoi tre gradi di giudizio, oltre che dei margini di discrezionalità di cui sembrano godere i giudici nei vari livelli di indagine e giudizio.
Il commento più appropriato a questo punto mi sembra quello della madre della vittima "... Adesso siamo delusi. Perché non c’è una soluzione del delitto. Finisce
tutto così, con un punto interrogativo. E allora questo verdetto è una sconfitta del sistema giudiziario italiano..."
Sistema garantista, pensato per dare ad ogni imputato la possibilità di difendersi da eventuali condanne in primo grado ritenute ingiuste, quando si trovino nuove prove o testimoni che possano dimostrarne l'innocenza. O viceversa dare la possibilità alla pubblica accusa di riaprire il processo contro un imputato assolto, quando nuovi elementi possano metterne in dubbio l'innocenza e quindi assicurare alla giustizia e alla dovuta pena un colpevole.
Tutto giusto, in teoria. Ma in pratica il nostro sistema offre anche l'occasione per il prolungamento di indagini e processi per decenni o fino alla tagliola della prescrizione, tanto più quando l'imputato ha mezzi economici e avvocati abili che sanno sfruttare tutti i possibili cavilli e codicilli di una complicatissima legislazione con conseguenti rinvii e ribaltamenti di sentenze.
Quando i casi giudiziari hanno protagonisti noti o molto seguiti dalla stampa si sa che l'opinione pubblica si divide tra colpevolisti e innocentisti e ognuno si improvvisa giudice per conto suo. Poi, a sentenza pronunciata, gli uni gongolano e gli altri si indignano a seconda che la sentenza coincida col loro giudizio. E fin qui direi niente di male, è normale, fin che c'è libertà di pensiero.
Non è normale invece, anzi è perniciosa, la strumentalizzazione delle sentenze che viene praticata da politici e giornali legati agli interessi di inquisiti che non perdono occasione per mettere in cattiva luce la magistratura tutta, facendo di ogni erba un fascio per avvalorare la comoda tesi che i giudici, quando condannano, "sbagliano", hanno torto e devono "pagare", e gli inquisiti hanno sempre ragione e sono vittime di persecuzione ingiusta.
C'è chi si diverte poi a "sbattere il mostro in prima pagina", specie se il "mostro" gli sta antipatico, o è di pelle scura, o è exatracomunitario, o di un partito avverso, o è un giudice....
Il caso delle controverse sentenze con assoluzione finale per l'omicidio di Meredith è dunque occasione ghiotta per i detrattori della magistratura, anche perchè cade ora che si è in procinto di varare una "riforma" della giustizia che vuole imporre un certo tipo di responsabilità e di penalizzazione dei magistrati che "sbagliano".
E l'ex imputato assolto in via definitiva Sollecito, col supporto della sua illustre avvocatessa Giulia Bongiorno, è già lì che reclama un risarcimento milionario ( ma oggi l'avvocatessa in conferenza stampa ha corretto un po' il tiro con un "vedremo...").
Anche questa sarebbe cosa giusta in teoria, ma in pratica si aprono molti interrogativi.
Intanto, checchè ne dica l'avvocatessa, il dubbio può sempre persistere, perchè anche se un imputato per sentenza definitiva è stato legalmente riconosciuto innocente, potrebbe non esserlo affatto, ma aver beneficiato del fatto che non si sono trovate prove sufficienti a condannarlo e i giudici nel valutare il caso hanno ritenuto che, nel dubbio, fosse meglio lasciar libero un presunto colpevole piuttosto che rischiare di condannare un innocente.
E il dubbio è più che giustificato quando ci si ritrova davanti a casi controversi come questo, che hanno visto tre precedenti sentenze di condanna e la condanna definitiva di un terzo imputato (Rudy Guede, di pelle scura...) "in concorso con altri". Ed è rimasto accertato e punito il fatto che "l'innocente" Amanda tentò di incolpare un tale che fortunatamente aveva un alibi.... Si può onestamente sostenere che i giudici che si pronunciarono per la condanna agirono in mala fede, con dolo o con imperizia? O semplicemente diedero in buona fede una interpretazione diversa delle prove e delle testimonianze raccolte a quel tempo? Come e chi può valutare se si trattò di errore giudiziario meritevole di punizione personale del giudice e dello Stato che rappresentava, o se si trattò invece di legittima e giustificabile valutazione?
Se il sistema giudiziario prevede tre gradi di giudizio è ovvio che si possano avere sentenze di segno diverso; ma questo comporta sempre che le sentenze precedenti siano passibili di condanna e penalizzazione personale dei giudici e obbligo per lo Stato di risarcimento?
Se si arriverà ad avvalorare questa tesi, quale giudice si azzarderà più ad emettere sentenze di condanna in primo grado (specie se di un imputato potente e ricco...), sapendo che se poi questo verrà assolto in appello dovrà risponderne in prima persona ed essere condannato lui?
Avremo più o meno "errori giudiziari"? Avremo meno innocenti in carcere e/o più colpevoli liberi e impuniti? Sarà più garantito l'individuo onesto o il disonesto, e la società tutta?
Ai posteri l'ardua sentenza (definitiva?).
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