domenica 5 settembre 2021

Togliete questo intruso dal cortile delle scuole elementari di Castello d'Argile

 

TOGLIETE QUESTO INTRUSO DAL CORTILE DELLE SCUOLE!

Non ho più l’età e il fisico per organizzare comitati, petizioni e banchetti (come a volte ho fatto in passato) per contestare e contrastare la realizzazione di iniziative e opere pubbliche che io e altri ritenevamo sbagliate e contrarie al pubblico interesse. Ma non voglio rinunciare alla mia facoltà di cittadino per esprimere il mio pensiero, rivolgendo un appello a chiunque voglia ascoltarlo, cittadino o amministratore pubblico o operatore di Beni culturali e storici, perché faccia quanto in suo potere per rimediare ad un errore che mortifica quanto di buono è stato fatto finora: trovate il modo di togliere e portare altrove la “tettoia” ora installata nel cortile delle storiche scuole elementari di Castello d’Argile appena restaurate.

Fra una settimana si riapriranno le scuole e fra un mese ci sarà una festa di inaugurazione, e come si potrà spiegare e giustificare agli intervenuti un simile accostamento e l’intromissione di una struttura che fa a pugni con tutto il contesto in cui è inserita, sia dal punto di vista estetico che ambientale e storico?

Che senso ha restaurare una bella e solida scuola di 90 anni fa con tutti gli accorgimenti e il rispetto delle caratteristiche e dello stile architettonico della costruzione originale (mattoni a vista ridipinti, tende rosso bolognese, ecc...) e poi piazzarci davanti, nascondendola alla vista, una ingombrante struttura "moderna" (!?) su base di cemento, in acciaio, dai colori stile luna park, che si porta via mezzo cortile?

Ricordo che 3 anni fa un Comitato genitori aprì una sottoscrizione fra i cittadini per contribuire alla spesa, e anch'io mandai un piccolo contributo simbolico, come cittadino, ex alunna e ex insegnante, per un progetto che genericamente era stato annunciato col bel titolo "Il giardino che vorrei". Ahimè, io (come credo tanti altri cittadini e genitori che hanno contribuito) pensavo a una "riqualificazione" con alberi e piante, ricordando il bel bagolaro abbattuto dalla tempesta; e invece ora mi ritrovo con il “GIARDINO CHE NON VORREI”, deturpato da questo enorme oggetto misterioso metallico che dubito possa servire a qualcosa se non a mortificare un'iniziativa per la scuola elementare di Castello d'Argile finora lodevole, tra l’altro arricchita da una “ Aula storica” allestita proprio per raccogliere le memorie della sua storia e delle attività del suo lungo passato (iniziativa a cui collaboro con convinzione e impegno assieme a un piccolo gruppo di volontari).

Qui non si tratta di essere pregiudizialmente pro o contro il Sindaco o la Giunta, o chi ha voluto questa struttura, frutto forse di una serie di fraintendimenti e valutazioni errate in un discutibile “percorso partecipato”. Qui si tratta di pensare al bene del paese e a un bene importante come la scuola, che è di tutti; e tutti abbiamo il dovere di preservarla e curarla al meglio, per le generazioni future e per quelle che ci hanno preceduto, ricordando anche le decine di muratori e scariolanti e fornaciai argilesi che tanto ci hanno lavorato e sudato per lasciarci una bella scuola che durasse nel tempo.

Errare è umano, ma perseverare è diabolico. E io non credo che gli amministratori del Comune e la Soprintendenza che l’ha approvato, vogliano mantenere in essere un simile precedente, passare alla storia per questa infelice realizzazione e lasciare per decenni sotto gli occhi di tutti, e soprattutto dei ragazzi, un diseducativo esempio di inappropriato e mortificante uso dell’ambiente, del paesaggio, e di un edificio storico dall’alto valore simbolico che ci caratterizza come Paese, nell’immagine e nella sostanza.

Magda Barbieri

martedì 16 febbraio 2021

BEATO IL POPOLO CHE NON HA BISOGNO DI "SALVATORI"

Che il Signore mi fulmini (si fa per dire eh...) se voglio offuscare la marcia trionfale, ma tutta in salita, del rispettabile tentativo del neo premier Mario Draghi e del suo nuovo governo, che dovrebbe "salvare l'Italia" dal caos politico e dalla crisi economica e sociale in cui è precipitata, dopo lunga e penosa malattia e perdurante pandemia. Ma ci sono molte cose che stridono alle mie orecchie e non mi convincono sulle cause, sull'andamento e sul risultato di quest'ultima crisi di governo, scoppiata nel momento sbagliato e nel modo sbagliato, in attesa che il Parlamento voti la fiducia al nuovo governo ("dei migliori"?!) la cui strana composizione è stata appena annunciata e consacrata da giuramento davanti al Presidente della Repubblica Mattarella (ispiratore e padrino).

BANCHIERI: IL MEGLIO DELLA SOCIETÀ?
Intanto mi pare singolare (e sospetto) che tutte le volte che l'Italia si è trovata nei guai per crisi politiche e/o economiche che sembravano insanabili, a "salvarla " siano sempre stati chiamati dei banchieri, gente che come minimo è stata presidente della Banca d'Italia o tra i dirigenti della Goldman&Sachs e simili. Pare dunque che le uniche persone autorevoli e degne di governare da noi, siano sempre e solo dei banchieri. All'antico detto "Italia popolo di eroi, santi e navigatori" dovremo quindi aggiungere i banchieri che, a quanto pare, sembra sia rimasta l'unica categoria che ci garantisce credibilità agli occhi del mondo intero e dell'Europa in particolare, subito pronta a farci le congratulazioni appena annunciato il nome di Draghi, come fossimo già guariti.
E sì che negli ultimi decenni i banchieri italiani, anche quelli a più alti livelli, di problemi ne hanno creati più che risolti, con fallimenti, omissioni di controllo e intrighi di cui molti risparmiatori hanno pagato caro prezzo (dal Banco Ambrosiano al MPS per citare i casi più noti, con una Banca d'Italia un po' distratta). Ma evidentemente chi ha maneggiato montagne di denaro ha un fascino e un potere di aggregazione e consenso che sconfina nella adorazione fideistica, quando non cieca, perchè - si pensa- loro sanno fare i conti (i conti di chi e per conto e a beneficio di chi non è ben chiaro, ma non importa).
E poi noi siamo un popolo che ancora manifesta una forte simpatia per le monarchie e i reali (quelli stranieri, dopo la caduta misera dei Savoia), e un persistente sentimento religioso (nonostante la diffusa laicizzazione dei comportamenti); aspetta sempre i miracoli, e confida in angeli, santi, madonne, e soprattutto "Messia"; quindi trasferisce la sua fede anche sul piano materialistico e profano, e ripone grande fiducia in questi "messia" del nostro tempo, ministri e rappresentanti in terra del Dio Denaro, che si presume sappiano "salvare", oltre all'Italia, anche la nostra busta paga e la pensione.

E' un fatto noto comunque che ci abbiamo già provato tante volte, anni fa, ad utilizzare come "salvatori della patria" illustri e stimati banchieri: Ciampi (aprile 1993- maggio 1994), Dini (gennaio 1995 – maggio 1996), Monti ( nov. 2011- aprile 2013), e i risultati non è che siano stati proprio esaltanti o risolutivi. Per non parlare del più recente tentativo del presidente Mattarella, che, tra marzo e maggio 2018, a fronte di un risultato elettorale imprevisto che sembrava rendere impossibile costruire maggioranze politiche tra partiti incompatibili, tentò di affidare l'incarico ad un altro tecnico super partes, esperto economista con esperienze in Banca d'Italia e Fondo Monetario Internazionale, Carlo Cottarelli. Il malcapitato esperto, dopo 3 giorni di infruttuose consultazioni, gettò la spugna e scappò, rinunciando all'impresa.
Impresa che riuscì poi invece miracolosamente ad un inesperto neofita della politica, tale avvocato Giuseppe Conte, che tenne insieme per un anno prima il M5S con la Lega, e poi il M5S col PD per un altro anno e mezzo; e avrebbe potuto continuare ancora, se non fosse stato per l'intervento fatale dell'immancabile Renzi, "rottamatore" per vocazione e provocatore seriale di scissioni nel Pd e di cadute di governi di cui il Pd era parte.
Ma anche i più riputati e coraggiosi banchieri sopra citati, che riuscirono ad aver la fiducia del Parlamento e la simpatia iniziale del popolo, sono stati poi in carica sì e no un anno, o poco più, hanno governato più o meno bene, con provvedimenti tampone di effetto immediato necessario ma di scarsa portata, quando non controproducenti o penalizzanti, e poi se ne sono andati: chi verso la più alta carica dello Stato, come Ciampi, chi è ritornato a godersi i benefit del proprio prestigio in altre cariche; chi ha tentato anche di farsi un partito personale (Dini e Monti), ma con scarso seguito.

Missione compiuta? "Italia salvata"? Non mi pare, perchè i problemi grossi dell'Italia (e degli italiani), economici e sociali (debito pubblico, mondo del lavoro e disoccupazione, giustizia ingiusta, criminalità spicciola e organizzata, mafie, corruzione, disuguaglianze sociali, ecc. ) sono rimasti irrisolti come prima di loro, e si è ricominciato ogni volta con successivi governi di coalizioni instabili e litigiose e con conseguenti ricorrenti crisi; anche quando ci si è affidati ad altri due "salvatori" politici di segno opposto (Berlusconi e Prodi, bersagliati pure loro da fuoco amico). E a tutt'oggi, dopo 66 governi in 75 anni, siamo in disperata attesa di quelle magiche "riforme strutturali" sempre promesse e mai attuate ( o attuate male), e in ginocchio davanti ad un nuovo Messia

BANDERUOLE IN MOVIMENTO

Altro spettacolo a mio parere piuttosto penoso è stato offerto dai leader delle forze politiche, che hanno ripreso a volteggiare come banderuole al vento di marzo, cambiando direzione da un giorno all’altro, anzi, dalla sera alla mattina. Certo che la direzione prevalente e fissa (oggi), è quella verso il messia che appare come vincitore per il presente e per il futuro prossimo, a cui non si può dire di no. Non importa se poi il programma (a tutt’oggi ignoto) di Draghi dovesse contenere proposte che hanno sempre osteggiato, e che di fatto li costringe ad accettare coabitazioni sgradite e odiate fino a ieri, e scelte politiche ed economiche penalizzanti che potrebbero far perdere loro legioni di elettori. Adesso bisognava salire sul carro del vincitore del momento e essere della partita quando si dovranno destinare i famosi e fumosi miliardi (di prestito) del magico “Recovery Plan”.
Naturalmente queste giravolte si fanno – si dice – per rispetto delle indicazioni del Capo dello Stato e per il bene dell’Italia tutta. Tutti certi che sarà un governo “dei migliori” che ci tirerà fuori dalla crisi economica e ci libererà dal covid in men che non si dica; e poi lo spread è già sceso sotto quota 100… cosa vuoi di più.
Non importa se intanto perderemo qualche altro mese perché il pur capacissimo Draghi e i suoi ministri “di alto profilo” e di nuova nomina dovranno pur avere il tempo di insediarsi, conoscere lo stato di fatto dei vari ministeri e le pratiche in atto o avviate, e predisporre nuovi programmi e atti diversi o rielaborati dai precedenti, magari riorganizzando gli uffici e le relative burocrazie.
Neanche avessero la bacchetta magica i “migliori” tecnici del mondo potranno fare tutto questo presto e bene.
Quanto ai ministri “politici” del precedente governo Conte ( ben 9 su 23, più 3 dei passati governi Berlusconi, più qualcuno  di Letta, senza contare la pletora di sottosegretari ripescati ) si può presumere agiscano su una linea di continuità con quanto fatto finora; ma è proprio quello che chi ha fatto cadere il governo Pd-M5S diceva di non volere; e adesso per giustificare e far accettare agli uni e agli altri il riciclaggio di oltre la metà del governo Conte da una parte, e la riesumazione di Berlusconi e delle sue cariatidi dall’altra, nonché uomini della Lega che si vedono come cane e gatto con quelli del M5S, ci si assicura che ci sarà “un cambio di passo”.
Ma appare sempre più insinuante la filosofia del Gattopardo: che tutto cambi... per non cambiare niente
A parte il fatto che a gestire i miliardi del Recovery plan saranno Draghi e il suo cerchio magico, e che sono stati fatti fuori, oltre all’ormai troppo popolare e sgradito Conte, guarda caso, il ministro Bonafede e la sua riforma della giustizia: che evidentemente erano i principali obiettivi di chi ha voluto questa intempestiva crisi di governo.
Senza contare che questo governo “istituzionale”/ misto tecnico-politico, di fatto è percepibile come una nuova “ammucchiata”, come si diceva una volta, con presenze da “inciucio”, o, detto più nobilmente “compromesso storico”, che snatura o annulla il contenuto politico-ideologico di ogni partito che vi partecipa, e li allontana dai loro elettori che si aspettavano altro quando li hanno votati. E’ di fatto una sospensione del rapporto democratico e di rappresentatività che somiglia tanto ad un commissariamento o all’istituzione di un Podestà nazionale, come si faceva al tempo dei Comuni medievali, quando le città più importanti si affidavano ad un Podestà venuto da fuori perché le lotte tra fazioni locali erano diventate insanabili e sanguinose.
E’ vero che Draghi, per assicurarsi il voto di fiducia favorevole in Parlamento ha usato con precisione da bancario il bilancino del manuale Cencelli; ma non so se questo sia un punto di forza e di equilibrio, o una debolezza intrinseca che prima poi potrebbe generare una frana.
E i partiti che hanno accettato di partecipare a questo terzo tentativo di rocambolesca e strumentale alleanza per sfuggire a nuove elezioni, potrebbero ritrovarsi a pezzi, senza argomenti, senza una linea, senza bussola. E i cittadini senza capire per chi e per cosa votare.

STAMPA E “CORTIGIANI, VIL RAZZA DANNATA”
Altra figura penosa la sta facendo la stampa tutta, o quasi, che si è profusa nelle ultime due settimane in articolesse adoranti, per fare santo subito il nuovo premier, già Super Mario con superpoteri, prima ancora di sapere se avrebbe accettato l’incarico, con che programma e con quali ministri. Si è tratteggiata di lui una biografia esemplare, partendo dall’infanzia e dai genitori persi prematuramente, poi “studente modello dai Gesuiti” (marchio di garanzia che gli è valsa la subitanea benedizione del Direttore di Civiltà cattolica), le sue partitelle di calcio, amici, parenti, parroci e suore del paese natio a dipingere quadretti deamicisiani e a pregare per lui. E poi subito pronto qualche aneddoto sulla moglie, la signora Serena, detta Serenella, sobria e riservata pure lei, e già beatificata.
Ma l’argomento principe che aleggia su tutti gli altri meriti è il sicuro gradimento per Draghi manifestato dai capi di Stato e dalla stampa estera. Come se la scelta del governo italiano fosse subordinata al gradimento del Financial Times, Washington Post, CNN , Le Monde, Wall Street Journal, ecc.….
Ancora è viva la memoria di simili sviolinate che furono suonate anni fa al comparire di Mario Monti, di cui è passata alla storia la foto con il “sobrio loden” indossato mentre andava a Messa con la moglie, anch’essa pia e austera signora. Fu un trionfo di fiducia e apertura di credito che gli fu tributato da parte della stampa tutta, italiana ed estera. Fiducia che poi via via fu ampiamente ridimensionata e delusa.
Ma da tempo la stampa funziona così: un giorno sbatte il “mostro” in prima pagina, un altro sparge incenso per il salvatore di turno, e viceversa. Dalle stalle alle stelle, dalle stelle alle stalle.

Vedi la sorte dell’ormai ex premier Conte, sostenuto e benevolmente trattato finora coi guanti da gran parte della stampa “che conta”, e oggi quasi ignorato e visto con sufficienza dall’alto in basso; tanto che lui si è mostrato nell’ultima conferenza stampa da premier con un banchetto in mezzo alla strada, davanti a Palazzo Chigi, per dare dimostrazione plastica evidente del fatto che è stato cacciato fuori, sulla strada, appunto. E si può prevedere che comincerà il linciaggio e lo sciacallaggio con articoli dispregiativi contro di lui per impedire che rialzi la testa e tenti di riavere un ruolo politico, se Draghi dovesse cominciare a deludere, e tra la gente cominciasse a serpeggiare il malumore e la convinzione che forse era meglio lasciare Conte al suo posto, almeno fino a nuove elezioni.
E’ sempre più evidente che i giornali, anche i più importanti e di maggior tiratura non sono organi di informazione obiettiva e super partes, ma portavoce di un partito o un leader o una linea politica gradita all’editore e/o alle lobby economiche che li finanziano, e a seconda della convenienza del momento esaltano o denigrano ferocemente ora questo ora quello tra i personaggi politici alla ribalta
La Tv, pubblica e privata, non è da meno, anche perché vi imperversano gli stessi giornalisti della carta stampata. Abbiamo assistito (su la7 e su Rai 3 in particolare) a talk show irritanti  in cui si istituivano veri propri processi contro il malcapitato di turno con 4 o 5 giornalisti agit- prop (di prevalente orientamento “di sinistra”) tutti contro 1, l’intervistato (soprattutto se del M5S e della Lega), più il conduttore, o la conduttrice (le donne erano sempre le più aggressive a contrastare e interrompere l’intervistato…) nel ruolo del pubblico ministero invece che del moderatore super partes.
Tanto che anche chi come me, pur non essendo elettore o simpatizzante del M5S o della Lega, cambiava canale, perché non sopporto la faziosità partigiana, da qualunque parte venga. Difficile anche spostarsi sui talk di Rete4, di proprietà berlusconiana, perché qui è evidente l’influenza della voce del padrone, anche se talvolta era addirittura più facile trovarci voci diverse e contrapposte, che però finivano spesso in fastidiosa rissa.
Ed era, ed è, curioso vedere come sulle Tv berlusconiane fossero (e siano) sempre invitati esponenti di quella sinistra estrema, ex o attuale, o comunque sempre disponibili a criticare Pd e 5 Stellati, specie sui temi della giustizia “giustizialista”, guarda caso. Esemplare il caso di Piero Sansonetti, direttore del Riformista, il commentatore "di sinistra" più amato da Berlusconi.

Perciò disturba e imbarazza molto oggi il caso di Salvini, il “mostro” contro cui si era scatenata da un paio d’anni tutta la stampa di sinistra e di presunta informazione liberal (da non confondere con Libero), sbeffeggiato e ridicolizzato, fotografato seminudo, descritto con i peggiori epiteti (fascista, razzista, assassino di migranti, trafugatore di 49 milioni nostri, crapulone bevitore di mojito, nonché sovranista e antieuropeista), che dalla sera alla mattina si è dichiarato estimatore di Draghi e disponibile a sostenere il suo governo e l’Unione Europea tutta.
E adesso che si fa? Colpo di spugna sulle sue “colpe” (vere e presunte, o un po’ gonfiate) e si riconoscerà che anche lui “ha fatto cose buone”? Già , comunque si sta facendo rilevare che è diventato più moderato e si sta spostando “verso il centro”, su consiglio di Giorgetti, neo ministro dello Sviluppo in quota Grande industria del nord; e poi la Lega di oggi non è quella di ieri... Il rospo, se non in un principe, si è trasformato in una innocua e graziosa raganella di ruscello.
Insomma l’operazione “volemose bene”, tutti insieme appassionatamente, è già iniziata. Vedremo quanto dura. Da ieri la stampa di destra e di sinistra è già al lavoro per lucidare gli specchi del nuovo governo. Tutti buoni e bravi o sulla via della redenzione quelli che sono entrati nel governo “dei competenti” (anche se 15 di loro erano definiti fino a ieri dagli oppositori degli incapaci cialtroni che hanno portato alla rovina l’Italia).
Esaltati fuori di testa vengono presentati quei grillini che meditano di votare contro in Parlamento e provocare una scissione per protestare contro la partecipazione del M5S a entrare in una maggioranza insieme a Berlusconi e Salvini
Restano poche le voci fuori dal coro, relegate e asserragliate nei giornali minori, diretti da giornalisti border line tradizionalmente più arrabbiati e fuori dal grande giro dei poteri forti.
Ma qualche timida riflessione ed esplorazione retroattiva sta emergendo però anche nel campo di chi ha tanto contribuito alla confusione di idee che ha favorito la crisi. Vedi l’articolo di Carlo Tecce su l’Espresso di ieri che spiega come e perché e da chi il messia Draghi non sia stato pescato per caso e improvvisamente una settimana fa da Mattarella; ma che il disegno di portarlo a Palazzo Chigi al posto di Conte era stato tracciato e confezionato da molto prima. Renzi ha solo fatto da detonatore teleguidato per far esplodere la miccia. 

RENZI

Ecco, questo è il prodotto più esemplare della stampa di fazione, e/o della sponsorizzazione lobbystica che gli stava e sta dietro e l'ha gonfiato come un pallone fino a farlo salire  a capo del governo anni fa. Di lui ho già scritto  più volte il mio giudizio negativo sul suo operato, fin dai primi tempi della sua scalata al Pd per distruggerlo. Il modo con cui ha voluto far cadere il governo Conte (che lui stesso aveva voluto e sostenuto inizialmente) e la sua scandalosa esibizione di conferenziere e intervistatore a pagamento del sultano principe ereditario in Arabia Saudita, hanno  colmato la misura, e delineato la sua figura di mercenario capace e pronto a tutto.
Quel che mi stupisce (ma non tanto, in fondo) è che si continui a intervistarlo sulla stampa nazionale e internazionale e a presentarlo come un “vincitore” che “ha salvato l’Italia” (!!!), e che ci siano ancora residui fan che continuano a considerarlo un "grande politico". Evidentemente c'è  chi considera la politica  "una guerra per bande" e ammira chi riesce a  "far fuori", o buttar giù gli altri per farsi strada, qualsiasi siano i mezzi e le conseguenze.
E l'aver portato Draghi al posto di Conte non è mica detto sia poi un gran guadagno per l'Italia. Staremo a vedere. Di certo Renzi ha messo subito il suo cappello sul nuovo governo come fosse opera sua (anche se il suo "peso" ora è piuttosto irrilevante e non determinante) e si è attaccato a Draghi come un paguro all’attinia, o come una sanguisuga, o quanto meno per appropriarsi dei suoi meriti e godere di luce riflessa nel caso il suo governo dovesse brillare. Ora pende dalla sua bocca e approva preventivamente a scatola chiusa qualunque sua decisione ( mentre a Conte faceva le pulci ogni giorno, alzando sempre il prezzo del suo sostegno). Ma se le cose non dovessero andar bene...Draghi stai sereno, che finisci anche tu come Letta e Conte a far altro




domenica 10 gennaio 2021

Il re americano è nudo, ma noi in Italia siamo in mutande

Signore perdonali perché non sanno quello che fanno. Non so se il Gesù evangelico pronuncerebbe quella frase vedendo gli assalitori del Congress Hill di Washington. Io di certo non li perdono; ma, guardando i video di quella sciagurata “impresa” mi sono convinta che quella pattuglia di varia umanità che entrava nel Campidoglio USA effettivamente non sapeva quello che faceva. O, meglio, non ne capiva l’importanza e la gravità, simbolica e sostanziale. Probabilmente molti di loro erano convinti di stare facendo una “cosa giusta”, una sorta di rivoluzione del popolo contro i poteri forti e ingiusti, una nuova presa della Bastiglia liberatoria; ma non si rendevano conto che invece erano solo marionette male informate, aizzate e manovrate proprio da un potere forte che non voleva cedere il passo ad altri, come prevedono le regole costituzionali quando si perdono le elezioni. Significativo a tal proposito il video, girato dal figlio di Trump, che mostrava il presidente “uscente(che non vuol uscire), con figlia, parenti e staff, che si godevano lo “spettacolo” della “occupazione” del Campidoglio da uno schermo televisivo che trasmetteva la diretta, ridendo e scherzando e ascoltando musica, evidentemente convinti e in attesa di poter poi rientrare essi stessi in Congress Hill come vincitori dopo che le loro scalcinate “truppe”, mandate avanti a fare il lavoro sporco, gli avevano spianato la strada.

Pazzesco e grottesco, surreale ma reale. Quando la realtà supera la fantasia. Il luogo massimo simbolo della democrazia dello Stato più potente dell’Occidente, ridotto a bivacco di uno sgangherato manipolo di dilettanti allo sbaraglio che sembravano ultras della curva sud di uno stadio di provincia che volevano invadere la curva nord e cacciarne i tifosi della squadra avversaria, armati di bandiere e striscioni, berretti rossi e tatuaggi, ma soprattutto di telefonino per selfie come fossero turisti in visita guidata, “guidati” addirittura da un folkloristico “sciamano”, un attore italoamericano senza arte né parte, tale Jake Angeli, vagamente mascherato con vistosi tatuaggi sul nudo petto, e conciato con un costume e un copricapo cornuto e impellicciato che non si capisce se da vichingo o da Davy Crockett, o tutt’e due.

E a contrastarli per impedir loro di entrare nel “tempio” dell’istituzione più alta di un Paese, come si sarebbe dovuto, sparuti gruppetti di poliziotti che si sono dimostrati altrettanto dilettanti allo sbaraglio, disorientati e confusi, evidentemente privi una direttiva seria, coerente ed efficace, tanto che sembrava che ognuno di loro agisse in base alle personali simpatie: chi apriva le transenne per far passare gli occupanti (attesi o previsti da giorni), chi si faceva un amichevole selfie con loro a ricordo dell’evento, chi, forse più consapevole di qual era il suo compito, cercava di bloccarli e reagiva menando botte a mani nude contro gli occupanti abusivi; e chi, senza star tanto a pensare, ha tirato fuori la pistola e ha sparato un colpo in testa all’ardimentosa signora rivoluzionaria che, rotto un vetro, si arrampicava per scavalcare una porta-finestra ed entrare in una sala. E così ci è scappato il morto, anzi , la morta, e alla fine di morti se ne sono contati 4 tra gli assalitori, e pure un morto tra i poliziotti. A scherzare col fuoco ci si scotta, anzi ci si brucia. E la scorribanda dell’armata Brancaleone è diventata tragedia, bagnata nel sangue.

Incalcolabile il danno morale e politico che questa sciagurata “impresa” ha inflitto alla immagine e alla credibilità della democrazia USA e dell’Occidente, a fronte del mondo intero, e soprattutto a fronte di quegli Stati di Asia, Africa e Medio Oriente, in cui si è talvolta preteso di “esportare la democrazia”, ma che delle democrazie occidentali si sono sempre fatti beffe e disprezzo, istituzionalizzando a casa loro regimi dove chi ha il potere se lo tiene per anni o decenni con la forza della repressione, privando i cittadini di tanti diritti e della libertà di critica e opposizione; e se non accettavano “lezioni” teoriche o pratiche, prima, figuriamo se le accetteranno ora e nel prossimo futuro.

Ora, dopo quanto è accaduto a Washington, bisognerà pur rifletterci per rimediare e cercare di risalire la china. Sarebbe facile, ma superficiale, addossare tutta la colpa a Trump (che ne ha comunque un carico da 90), e limitarsi a deprecare o ridicolizzare un personaggio bipolare e pazzoide come lui, che ha trascinato i suoi fan meno accorti in una iniziativa assurda per ritirare poi la mano e sconfessarli, come ha fatto ieri con le sue ennesime capriole per salvare solo stesso a dispregio di tutti e dell’America intera; quell’America “first” e “great” ( prima e grande), che lui diceva di voler difendere, e che invece ha ridotto a oggetto di scherno. E di questo ne soffrirà anche l’Europa, storicamente legata per cultura e civiltà agli USA e che della collaborazione e della alleanza con gli USA ha ancora bisogno, a fronte delle mire tutt’altro che disinteressate e spesso invasive di potenze come la Cina, la Russia di Putin e tutto il complicatissimo mondo islamico, teocratico e laico, ma comunque ostile.

Il guaio è che quest’ultimo grave atto di sfregio al Parlamento USA arriva al culmine di un processo molto complesso di grave crisi e decadenza della democrazia, non solo americana, che ci riguarda tutti, anche l’Europa e soprattutto l’Italia. Non si tratta di un incidente casuale e temporaneo nella storia della democrazia provocato da un pazzoide che si è montato la testa e non vuol cedere il potere conquistato, calpestando le regole. Se si è fatta tanta strada nelle società formalmente democratiche il bisogno di appoggiarsi “all'uomo forte" modello Trump, cui una fetta consistente di popolo perdona tutto, è perchè in troppi casi e modi le stesse democrazie si sono svuotate dall'interno, hanno perso di credibilità per troppe divisioni, rivalità di capetti, corruzioni, potere del denaro e influenze occulte che hanno prodotto instabilità, incertezza, mancanza di rispetto per le istituzioni, sfiducia nel valore del voto e della rappresentanza democratica, e nel valore dell'onestà privata e pubblica troppo spesso calpestata e svilita.

Nessuno può dirsi innocente in questo processo di degrado morale e politico che ha fiaccato le democrazie. Trump ne è un prodotto, causa ed effetto al tempo stesso, ma è solo la punta dell'iceberg, il protagonista più appariscente di questi ultimi anni, che comunque ha ricevuto due mesi fa 74 milioni di voti degli americani, che non possono essere tutti genericamente etichettati come deficienti o pasticcioni, o fascisti, razzisti, ecc..

Colpevoli sono anche tanti altri, a tutti i livelli della scala sociale, dalle caste dei privilegiati che godono i benefici di un comodo status quo garantito dal potere, alle masse popolari che si accontentano di essere fan o follower acritici di un leader o capo o di fazione vincente, felici di donare sui social la quotidiana dose di like ai tweet e agli slogan (comprese le balle o fake news) propinati dal “capo” e dagli esponenti del proprio partito, come pretoriani e amazzoni sempre pronti a scagliare insulti e sberleffi agli avversari per compiacere il proprio idolo indiscusso, senza l’ombra di un dubbio o di una autocritica in casa propria. Se gli uomini si comportano da pecore e il pastore impazzisce, prima o poi finiscono in un burrone, se non aprono gli occhi in tempo. Se i cittadini elettori non imparano a fare “l’esame finestra” (come recitava una pubblicità a un prodotto per lavaggi) ai candidati prima di dar loro il voto, poi si devono ingoiare amare delusioni, degenerazioni e voltafaccia.

Così ci ritroviamo a dover difendere i valori autentici, di cui pure si sono fatte giustamente vanto le democrazie nel Novecento, con armi spuntate, perché democratiche lo sono rimaste solo formalmente, conservando gli apparati fondanti (Costituzioni, Parlamenti, Organi diversi), ma svuotate dei loro poteri e funzioni effettivi, per concentrare in modo subdolo e sotterraneo il potere nelle mani di un solo capo o di un solo partito dominante (o di una o più lobby) che ha diffuso i suoi tentacoli in tutti gli altri organi e settori di una società (economia, magistratura, stampa, cultura, social media…), per cui sono venuti a mancare i contrappesi, le possibilità di opposizione e quindi di confronto ad armi pari tra posizioni diverse, di ricambio e rinnovamento democratico della classe dirigente, con mezzi legali efficaci. E quella parte di popolo che si sente esclusa o non rappresentata, o non trova sbocchi per esprimersi, o si sente a torto o ragione penalizzata o privata di un diritto, può deviare dal rispetto della legge e dell’ordine e ritenersi legittimato a imbracciare spranghe e forconi, sfasciare vetrine e auto in sosta (lo hanno fatto spesso anche le minoranze nere per protesta), fino ad assaltare e spaccare la vetrina più prestigiosa e simbolica come quella di un Parlamento perché un presidente perdente non accetta il responso delle urne e afferma, senza l’onere della prova, di essere vittima di brogli.

L’Italia purtroppo è anch’essa da tempo scivolata via via in questa palude di democrazia svuotata. Gli eccessi della partitocrazia che ha sempre più spesso e sistematicamente premiato i più fedeli e non i più meritevoli e capaci, e non solo nell’ambito del partito, ma infiltrandosi in tutti gli apparati dello Stato (magistratura, Enti, sindacati, cultura, stampa...) ha indebolito o alterato tutta la struttura portante del Paese, privandola della necessaria indipendenza ed efficienza. Le divisioni e rivalità personali interne dell’area del centrosinistra, con minoranze ideologicamente aggressive e settarie hanno fatto cadere governi di coalizione pur legittimi; le contraddizioni di una destra mal assortita tra estremismi nostalgici fuori tempo massimo, nazionalisti e separatisti padani insieme, si è poi improvvidamente asservita agli interessi personali e/o al carisma o alla popolarità di un leader ( Berlusconi prima, Salvini poi) che ha depotenziato e affossato una base ideale di contenuti che dovevano essere liberali e moderati e non lo sono stati; la debolezza (quando non la complicità) di tutti, a destra e a sinistra, nei confronti delle mafie, culminata addirittura in trattative con rappresentanti dello Stato; le mille potenti ombre delle trame che hanno alimentato e coperto attentati terroristici che hanno provocato stragi con centinaia di vittime innocenti e la morte dei magistrati migliori, ci dovrebbero far vergognare o quanto meno consigliare umiltà.

Quanto al nostro Parlamento, di “assalti” o quanto meno dissacrazioni del “sacro luogo” ce ne sono state tante, e proprio dall’interno e per mano degli stessi suoi membri, eletti dal popolo. Risse, spintoni e scazzottate, cartelli e striscioni offensivi, sberleffi irrispettosi tra esponenti di partiti avversari, gente che mangiava mortadella, votava leggi ad personam e credeva alla storia della Ruby nipote di Mubarak, assolveva a prescindere parlamentari inquisiti (oggi a te, domani a me…) e via scendendo sempre più giù fino a chi voleva aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, all’insegna del nobile motto “vaffanc...”.

Tutto da discutere il modo con cui il Parlamento (col beneplacito del Capo dello Stato) ha poi dato fiducia agli strani e contraddittori governi sostenuti da M5S e Lega prima, e da M5S e PD poi, guidati dallo stesso premier Conte, neofita della politica velocemente istruito e imparato, e disinvoltamente passato dall’una all’altra coalizione, con programmi e alleanze che non erano quelli per cui gli elettori li avevano votati.

Per non parlare del “rottamatore” per eccellenza, Renzi, che dopo aver perso montagne di voti, elezioni, referendum e riforme sbagliate, aveva promesso solennemente di ritirarsi dalla politica, e invece tuttora, alla testa di uno sparuto gruppetto di parlamentari e di un risicatissimo seguito di fedelissimi “giapponesi” raccolti in un partitino personale nato per scissione e chiamato con ironia involontaria “Italia viva, tiene sotto ricatto e minaccia di crisi il governo, pretendendo che si faccia a modo suo con proposte irrealizzabili e/o che lui quando ne ha avuto il potere, si è ben guardato dal realizzare.

Insomma , di gente che non vuol staccarsi dagli scranni del potere ce ne abbiamo tanta anche noi; e dopo un disastroso 2020 anche causa pandemia, all’alba del 2021 è apparso chiaro che se il re americano è nudo, noi in Italia abbiamo solo una foglia di fico a coprirci le vergogne; ovvero, siamo in mutande.