In
relazione allo studio di pre-fattibilità avviato dai Comuni di
Castello d'Argile, Pieve di Cento, Galliera e San Pietro in Casale
per l'eventuale fusione dei suddetti Comuni, come cittadina di
Castello d'Argile e studiosa di storia locale, già consigliere
comunale e assessore dal 1995 al 1999, desidero
esprimere la mia più profonda contrarietà a tale ipotesi di
fusione.
La
mia contrarietà nasce da valutazioni di carattere istituzionale,
simbolico e pratico, di fruibilità e di controllo dei servizi
pubblici da parte dei cittadini e dei propri rappresentanti.
Sul
piano istituzionale sostanziale e simbolico considero
innanzitutto la cancellazione dell'autonomia comunale una grave e
irreversibile privazione della secolare identità e
rappresentatività delle comunità locali,
non giustificata da alcuna esigenza sociale, economica e di
relazione.
Cancellare
i Comuni significa cancellare la storia d'Italia e il fondamento
dell'organizzazione territoriale fissato dalla Costituzione
democratica italiana.
UN
CENNO DI STORIA
Mi
pare opportuno ricordare che le comunità locali di Argile e
Mascarino, pur presenti e attive e documentate da oltre un millennio,
furono ridotte ai minimi termini e in assoluta povertà nei secoli
dal 1400 agli inizi del 1800, in quanto private di ogni autonomia
politica ed economica e di rappresentanza locale, in condizione di
totale dipendenza dal Senato e dal Legato pontificio di Bologna.
Solo
dopo l'istituzione del Comune di Castello d'Argile nel 1828 (dopo la
breve esperienza della prima “municipalità” napoleonica e alcune
brevi diverse aggregazioni subito tramontate), con Venezzano
incorporato come frazione, e una prima rappresentanza di Consiglio
comunale locale, il paese ha cominciato a crescere, come popolazione,
come attività economiche e con nuove case e botteghe;
crescita poi via via consolidata e sempre aumentata nel periodo
seguito all'Unità d'Italia, con amministrazioni comunali locali
gestite da Sindaci,
Giunte e Consigli comunali che, pur in situazioni di difficoltà
generali nazionali, e anche tra lotte e contrasti interni,
maggioranze e opposizioni, hanno sempre saputo e voluto far crescere
il paese, a
cominciare dalla importante costruzione del primo
Municipio nel 1874, con
antistante Piazza, per dare finalmente un più efficace servizio
pubblico, vicino ai cittadini, concreta visibilità e valore
simbolico all'istituzione Comune. La nuova Costituzione della
Repubblica Italiana, in vigore dal 1948, ha poi disegnato in modo
esemplare, sulla falsariga di quella disegnata nel 1861 da Marco
Minghetti, le ripartizioni
territoriali dello Stato in Regioni, Province e Comuni, con
relative distinte funzioni amministrative decentrate (Titolo V).
Oggi
il nostro Comune ha 6.500 abitanti (popolazione
raddoppiata negli ultimi decenni)
ed è dotato di
buoni servizi pubblici locali, di trasporto e in buon collegamento
con servizi sovracomunali come gli ospedali e con la città capoluogo
Bologna; servizi che necessitano certamente di miglioramenti e
ampliamenti e miglior gestione, anche a seguito dell'incremento di
popolazione. Ma
non ha alcun interesse o bisogno di rinunciare alla propria autonomia
comunale, al proprio nome, al proprio Sindaco e Consiglio, per
annullarsi in uno strano accorpamento artificioso con altri 3
comuni, che determinerà un inevitabile conseguente spostamento
altrove della sede principale decisionale, una ridotta rappresentanza
locale subordinata ad altre rappresentanze interessi e decisioni
altrui, e un ulteriore allontanamento dei cittadini dalla nuova
istituzione, minor interesse alla partecipazione alle elezioni
amministrative e alla elezione di un sindaco che non sarà un
concittadino. Difficile che in tali condizioni di subordinazione,
scollamento e lontananza si possa sperare in un miglioramento dei
servizi locali.
ACCORPAMENTI
TERRITORIALI DEL PRESENTE E DEL PASSATO, FATTI E CANCELLATI
Il
Comune di
Castello d'Argile fa già parte,
insieme ad altri 7 Comuni del circondario bolognese, dell'Unione
Reno-Galliera (composta
dai comuni di Argelato,
Bentivoglio, Castello d'Argile, Castel Maggiore, Galliera, Pieve di
Cento, San Giorgio di Piano, San Pietro in Casale (sede
amministrativa dell'Unione),
istituita nel 2008 ente pubblico territoriale dotato di personalità
giuridica, per la gestione associata di alcuni servizi pubblici:
polizia municipale, protezione civile, servizi alle imprese, servizi
informatici, gestione del personale, pianificazione territoriale e
urbanistica.
Inoltre
è stato da poco inserito nella Città
Metropolitana di Bologna, istituita
nel 2014 per effetto di una legge che si proponeva in sostanza di
superare e sostituire
la Provincia, ente
amministrativo intermedio secolare che si voleva abolire
definitivamente con una legge di riforma costituzionale che non è
però stata approvata col recente referendum del 4 dicembre 2016. A
tutt'oggi, pur in una situazione di incertezza normativa generale e
amministrativa di ambito provinciale, resta il fatto che il nostro,
insieme agli altri 55 comuni dell'ex Provincia, è parte della
città metropolitana, la cui massima autorità è il sindaco di
Bologna, coadiuvato
da un
Consiglio metropolitano eletto
a suffragio ristretto dai sindaci e dai consiglieri comunali dei 55
Comuni.
Prima
di pensare ad imbarcarsi in una ipotesi di fusione di Comuni andrebbe
fatta innanzitutto una verifica del funzionamento dei suddetti nuovi
enti, Unione e Città metropolitana, valutando costi e benefici
reali e problemi emersi.
La
prudenza si rende necessaria anche alla luce del fallimento o
comunque della cancellazione di tante aggregazioni territoriali
sperimentate in passato, a cominciare dai Comitati
Comprensoriali
istituiti dalla Regione nel 1975,
come organi intermedi di pianificazione, tra i quali il Comprensorio
della Pianura bolognese con sede a S. Giorgio di Piano a
cui il nostro comune fu aggregato. Istituzione abbandonata nel 1984,
con il trasferimento delle sue funzioni alla Provincia e a nuove
Assemblee di comuni. Parallelamente si istituirono le Comunità
montane, e poi i Consorzi Socio Sanitari e i Distretti Scolastici,
che
pure avevano una loro motivazione logica derivata da esigenze di
coordinamento funzionale per settori specifici (servizi sanitari,
scuole..). Ma anche queste aggregazioni sono state cancellate e
sostituite da altre.
Poi
sono subentrate le Unità
Sanitarie locali,
i cui ambiti e confini territoriali sono stati cambiati più volte,
dalla Usl
30 di Cento alla Usl 25 di S. Giorgio di Piano,
per confluire infine nella attuale
Azienda sanitaria di Bologna con 46 comuni.
Mi
pare che si sia perso, o sprecato, già abbastanza tempo e risorse
in questo fare
e disfare aggregazioni territoriali,
senza una approfondita verifica di costi e benefici, partendo da
disegni verticistici e mai da esigenze di base, zigzagando
una volta verso il decentramento e una volta verso la
centralizzazione e le unificazioni.
Per
inciso, ricordo anche che già ci fu un tentativo di annessione del
Comune di Castello d'Argile a quello di Pieve nel 1928-29; tentativo
prontamente respinto dal Podestà del tempo e dai cittadini. Anche
l'ipotesi di unificazione di Galliera con S.Pietro in Casale, di cui
si è parlato negli anni scorsi, era caduta nel dimenticatoio per le
difficoltà e resistenze emerse.
QUALE
FUSIONE, E PERCHE'?
Ora
si ipotizza addirittura una fusione di 4 comuni sulla falsariga della
legge
nazionale del 2014
che istituiva le città metropolitane e dava anche indicazioni
e incentivi economici alle fusioni di Comuni ,
recepite poi nel 2015 da legge
regionale n. 13 dell'Emilia-Romagna,
riordinando precedenti norme in
materia
del 1996 e del 2012, in una prospettiva
di possibile risparmio dei costi delle amministrazioni e dei servizi
pubblici.
Ora
posso capire la opportunità o la necessità di unire anche sul
piano istituzionale Comuni molto piccoli, con un numero ridotto di
abitanti, talora in fase di spopolamento, e non più in grado di
sostenere una propria amministrazione autonoma.
Ma
non mi sembra che tale necessità possa riguardare Castello d'Argile
e gli altri Comuni della proposta. Faccio rilevare che, dalle
statistiche più recenti, risulta questa situazione:
-
Comune di Castello d'Argile:
6.552 abitanti, su un territorio di 29 km quadrati, con una densità
media di 225 abit. per kmq ; costituita da capoluogo Argile e una
frazione, Mascarino-Venezzano.
-
Comune di Pieve di Cento:
oltre 7.013 abitanti su un territorio di 15,94 kmq, con una densità
di 439 ab. per kmq; nessuna frazione.
-
Comune di Galliera:
5.400 abitanti circa su un territorio di 37 kmq, con una densità di
146 abit. per kmq; 3 frazioni: S. Venanzio (capoluogo), Galliera
vecchia, San Vincenzo.
-
Comune di San Pietro in Casale:
12.200 abitanti circa su un territorio di 65 kmq, con una densità
di 185 ab. per kmq.; 10 frazioni: capoluogo, Asia, Cenacchio,
Gavaseto, Maccaretolo, Massumatico, Poggetto, Rubizzano, S. Alberto,
S. Benedetto,
Anche
guardando, oltre ai dati, la carta geografica, non si capisce come
questa aggregazione possa costituire un “ambito ottimale”, se non
per una mera contiguità di confini, valida solo per alcuni e non per
altri, distanti e senza alcun rapporto relazionale. Senza contare che
le relazioni e la comunanza di servizi ci legano maggiormente a
Comuni che resterebbero fuori dalla fusione, come ad esempio il
contiguo Voltareno e Argelato capoluogo, e Bentivoglio e Cento (FE)
per la presenza di ospedali frequentati abitualmente dai cittadini di
Castello d'Argile.
“Ambito
ottimale” di ogni Comune è quello esistente e ormai consolidato da
un lungo percorso storico; e non tanto per un chiuso arroccamento
campanilistico e municipalistico fine a se stesso, ma perché
l'istituzione Comune è più che mai oggi, in tempi di
globalizzazione, emigrazioni e immigrazioni, con sradicamento di
tante fasce di popolazioni, l'unico baluardo che può tentare di
mantenere o far recuperare una vita di comunità, necessaria per
bilanciare il senso di estraniamento e distacco dei cittadini da
istituzioni lontane e sorde ai loro bisogni.
Non
vanno sottovalutati anche i problemi burocratici e le complicazioni
che sorgerebbero dal cambio di denominazione dei 4 comuni, per le
successive modifiche e aggiornamenti necessari per indirizzi, su atti
demografici, catastali e notarili di proprietà che si
trascinerebbero per anni.
Detto
questo, fatto
salvo il Comune come istituzione autonoma e con propri rappresentanti
eletti, si faccia pure ogni sforzo che risulti utile per coordinare
o unificare singoli servizi che,
con le dovute verifiche, possano consentire risparmi senza
dequalificarsi o scomparire.
L'incentivo
economico alla ipotizzata fusione, per quanto assolutamente vago e
non quantificabile preventivamente, da spalmare sul territorio più
vasto, deriverebbe comunque da denaro pubblico
erogato da Regione o Stato, quindi sempre dalle tasche dei cittadini,
e vanificherebbe i presunti risparmi in sede locale.
Per
diminuire davvero i costi della politica, a livello generale e
locale, si taglino o si impediscano eventuali ruberie, corruzione,
abusi, inefficienze, sprechi per mancati controlli, ecc., ma non
i costi del regolare funzionamento della democrazia (lo
stipendio di 3 sindaci e i modesti compensi dei consiglieri, lo
stipendio dei dipendenti comunali...),
se
contenuti in ambiti ragionevoli e giustificati.
Il
gioco non vale la candela, perché ciò che si sacrificherebbe con la
cancellazione dei Comuni è molto più importante e irreversibile.
Magda Barbieri
Magda Barbieri
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