Logica, prassi e correttezza morale vorrebbe che, in seguito ad una sconfitta, fosse il capo ad assumersi la responsabilità della sconfitta e a dimettersi, lasciando ad altri il compito di tentare la rivincita. O quantomeno di cambiare strategia, visto che quella, perdente, adottata finora porta la sua firma.
E invece qui il capo persevera negli errori e scarica la colpa sulle truppe che, volenti o nolenti lo hanno servito, "usi ad obbedir tacendo" come i carabinieri arruolati nell'Arma; e nel caso dei pochi che hanno osato obiettare e dubitare a voce alta, si decreta, o si vorrebbe decretare stando agli ordini del capo, l'espulsione.
Come pretendevano di far credere certi generali del passato, se la strategia ideata e imposta da loro falliva, la colpa era dei soldati incapaci o vili. E i "traditori" venivano fucilati.
Evidentemente, il tanto promesso "rinnovamento" del M5S guarda molto all'indietro e a modelli che si sperava superati.
Non è un bel clima quello che così facendo si è creato fra i 163 "cittadini" eletti in Parlamento, che paiono ora sul punto di una scissione tra "fedelissimi" al capo e presunti "dissidenti". Clima quasi da "caccia alle streghe" o alla spia comunista del periodo maccartista in USA; o che adombra i metodi di sospetto continuo di tutti contro tutti in auge nei regimi comunisti, che portavano a denunciare il parente o il vicino di casa come "infiltrato" o "spia degli americani", per dimostrare il proprio zelo e la propria fedeltà al capo e per paura di finire a sua volta accusato.
Non sembri esagerato il paragone, che viene giustificato dalle affermazioni di Grillo, che fa di tutto per alimentare questo clima di sospetto tra le sue truppe, con continui attacchi suoi e dei suoi portavoce a presunti infiltrati, troll, venduti, voltagabbana alla Scilipoti e Razzi. E poi gli attacchi alla stampa e tutti i giornalisti, tutti "pagati" dal nemico e tutti contro di lui.
Sinceramente appare piuttosto penoso e puerile, ma anche preoccupante, per uno come lui che ha attaccato e continua ad attaccare tutti, atteggiarsi a vittima e lamentarsi perchè - a suo dire - sono tutti contro di lui.
Chi di spada ferisce di spada perisce, viene da dire; oppure: chi la fa l'aspetti, per usare i sempre verdi proverbi popolari.
Comunque la sua è una performance maldestra, a imitazione dello stile berlusconiano, con chiamata in piazza dei suoi fedelissimi per domani come dimostrazione di forza; come, appunto ha fatto Berlusconi (e sta facendo pure Erdogan...).
Dispiace quindi che Travaglio, il maggior sostenitore di Grillo da sempre, fino al punto di apparire come avvocato difensore e suo portavoce in TV e sul suo giornale e in tutte le interviste possibili, nel suo editoriale del 15 giugno metta il micidiale titolo “ Movimento 5 polli”, titolo che nell'editoriale di oggi attribuisce a suggerimento di Casaleggio. Attribuzione vera o provocazione che sia, è comunque sintomo di disprezzo e dileggio suo e dei succitati capi-padroni verso i malcapitati eletti in Parlamento, accomunati comunque nel disprezzo e nel dileggio per il Parlamento e per la stampa tutta, colpevole di rivelare le beghe e gli errori del M5S, così come fa da sempre Il Fatto nei confronti di tutti gli altri partiti. Le sue battaglie per la libertà di stampa e di critica paiono un ricordo lontano.
Così pure dispiace che il pur brillante Scanzi sfoghi la sua irritazione contro il M5S in articoli sempre più contraddittori e altalenanti, con espressioni tipo "della vicenda Gambaro non ce ne frega una beata mazza" e continui poi con il dire "il dissenso
esiste e deve esistere. Grillo fa cazzate come tutti. Se ne faccia
una ragione. Basta con
questa faida tra yes-(wo)men pedanti e teneri favietti salsati di
ritorno (“Movimento Cinque Polli”, diceva ieri sempre Travaglio).
Più fate così, più regalate gioie a chi vi odia. Se questo scazzo
gigantesco vi serve per serrare le fila, bene. Poi però basta."
Sempre sul Fatto del 16 giugno Paolo Flores D'Arcais titola il suo pezzo
"Cari “dipendenti”, finitela
di deluderci" calcando quindi la mano sui dipendenti invece che sul padrone (che non è l'elettore, ma l'inventore del marchio).
Anche qui viene da dire agli esimi poco illuminati consiglieri-sponsor: se continuate così, eletti ed elettori del M5S finiranno col dire anche a voi: "dei vostri consigli e rimproveri adesso non ce ne frega una beata mazza".
Anche perchè questi signori giornalisti, che conoscono la storia e la cronaca politica, dovevano pur saperlo che nel M5S il difetto stava nel manico ed era congenito dalla nascita. Che Grillo non era uno statista ma un Masaniello si vedeva ad occhio nudo.
Anche qui viene da dire agli esimi poco illuminati consiglieri-sponsor: se continuate così, eletti ed elettori del M5S finiranno col dire anche a voi: "dei vostri consigli e rimproveri adesso non ce ne frega una beata mazza".
Anche perchè questi signori giornalisti, che conoscono la storia e la cronaca politica, dovevano pur saperlo che nel M5S il difetto stava nel manico ed era congenito dalla nascita. Che Grillo non era uno statista ma un Masaniello si vedeva ad occhio nudo.
Più obiettivo e garbato Furio Colombo, che nel suo articolo (sempre di domenica 16 - giorno del giudizio universale!?) punta il dito sulla piaga e sui limiti, trionfi e crisi, dei partiti personali in Italia e scrive, sotto il titolo "Storie di uno. La politica
ostaggio dei singoli “... Grillo è arrivato a mani piene (persone e promesse) ma
mai nessuno nonostante i seguaci, ha realizzato programmi o promesse
senza dare ruolo e valore e senso al lavoro di chi si è offerto di
partecipare ed è stato eletto. Governare attraverso ordini
indiscutibili uccide, e si può solo aspettare. E dunque ci resta
solo un’interessante “storia di Grillo” ma niente da scrivere,
per ora, sul Movimento Cinque stelle...”
Dopotutto, il tanto vituperato Bersani ha dato le dimissioni il giorno dopo la sconfitta della sua strategia, e il successore Epifani non sta cacciando i tanti, eletti e iscritti, che contestano la linea adottata dal PD con l'infausta e forzata alleanza siglata col PDL.
Nessun commento:
Posta un commento