Nel pieno delle polemiche scoppiate in seguito al caso del burkini, e mentre alcuni si affannavano ad evidenziare la condizione di privazione della libertà delle donne islamiche, costrette a coprirsi da capo a piedi in pubblico e pure al mare, tanti nostri intellettuali, maschi e femmine, si sono prodigati ad evidenziare che anche le nostre donne occidentali non islamiche non sarebbero in realtà libere di vestirsi o svestirsi come vogliono, perchè costrette a indossare succinti bikini dalle mode imposte da un "potere mercantile" che vuole il corpo femminile esibito come un umiliante "richiamo sessuale".
Esempio di questo zelo da mea culpa in confessionale nello stigmatizzare "gli stereotipi sulla libertà delle donne" , tanto da mettere sullo stesso piano i limiti alla libertà subiti dalle islamiche e quelli subiti dalle non islamiche, è un articolo di Dacia Maraini sul Corriere del 13 settembre scorso.
"E' da considerarsi una libera scelta - si chiede tra l'altro la Maraini - quella di usare un costume (tipo tanga) che mette in evidenza, spesso in maniera sfacciata e brutale le parti più sessuate del corpo femminile?" Aggiunge poi la domanda parallela: "E' vera libertà quella di coprirsi in modo che tutto quello che può sfiorare le parti sessuate venga nascosto e la parte non possa mai vedere il sole?" E fin qui il dubbio amletico ci può stare.
Ma non ci può stare la successiva affermazione: " ...Ma se guardiamo le cose da un punto di vista culturale, ci rendiamo conto che sono due forme di costrizione molto simili..." E la Maraini prosegue poi con le sue equiparazioni tra i modelli derivati da "convenzioni stereotipate" basati sul linguaggio della seduzione nel mondo occidentale pretesa dal "mercato" e , sul fronte islamico, sulla negazione della seduzione in nome di una "religione punitiva".
No, cara signora Maraini e colleghi vari, le due "costrizioni" non sono simili e non hanno lo stesso potere di condizionamento e induzione alla sottomissione. E' sbagliato e fuorviante metterle sullo stesso piano, per non scegliere da che parte stare e non decidere, con la logica e la mancanza di coraggio di un Ponzio Pilato.
Intendiamoci, nemmeno io ignoro il potere di condizionamento delle mode, nel vestire e in tanti altri settori, diffuse dai mezzi di comunicazione, a loro volta condizionati dal "mercato". E il condizionamento è tanto più potente quanto più è debole culturalmente ed emotivamente la persona che vi è esposta (donna o uomo, giovane o adulto che sia). Ma io, donna che vive in Occidente in un paese democratico, alle mode posso resistere e nessuno, padre, marito o prete o comunità locale o legge nazionale, mi può costringere a seguirla; mi ci posso sottrarre come e quando voglio senza che nessuno mi punisca, o isoli, o condanni. Anzi, nel mio piccolo, il "mercato" posso essere io stessa ad influenzarlo, comprando o non comprando certi prodotti invece di altri.
Il bikini è diffuso, ma non obbligatorio per nessuna. in Occidente. Un giorno lo posso indossare, il giorno dopo no; posso mettermi un costume intero o un pareo o un camicione; lasciare i capelli al vento o indossare un cappellino, a seconda della mia voglia, del mio buon gusto, o cattivo gusto, o delle condizioni del tempo. Non è una "divisa" simbolica di nulla, se non di una libertà di esibire, vestire o svestire il proprio corpo, che può a volte anche sconfinare nel cattivo uso della libertà (e succede, ma è male minore, di scelta personale e, volendo, rimediabile).
Ma sempre libertà è, sostanziale e fondamentale, che i nostri intellettuali, sempre troppo pronti a colpevolizzare la nostra "civiltà" (di cui pure sono protagonisti corresponsabili e beneficiari), inclini al masochismo e ad un assurdo timore reverenziale e ad una preventiva sottomissione alla retriva "cultura" islamica (talvolta in certi Stati sconfinante nella barbarie, nella crudeltà e nell'ingiustizia istituzionalizzata contro le donne), dovrebbero difendere a voce alta e senza se e senza ma.
Quando le donne islamiche, nei paesi del Medio Oriente e in Occidente, potranno godere delle stesse nostre libertà, allora si potranno fare certi parallelismi o equiparazioni, che oggi come oggi sono sbagliatissimi.
Lo stesso dicasi a proposito dei tanti, troppi, casi di violenza sulle donne e dei femminicidi, ancora così frequenti nel mondo occidentale, che testimoniano il persistere di una mentalità maschilista aggressiva e possessiva, dura a morire nonostante l'evoluzione culturale, il contesto sociale e le tutele legislative volte ad affermare l'uguaglianza e la difesa dei diritti delle donne.
C'è ancora tanto da fare per sconfiggere questa propensione alla sopraffazione maschile anche in Occidente, ma guardando avanti, per migliorare, non certo guardando indietro o adeguandosi ai "detti" e agli esempi di vita famigliare del profeta Maometto di 1400 anni fa ( o imitando i Paesi dove a tutt'oggi vige la sharia). Diventiamo "come loro", se accettiamo quel che vogliono "loro", non se cerchiamo di impedire (anche con qualche divieto ben motivato) che facciano prevalere le "loro" discriminanti e punitive imposizioni.
Posso concordare con Dacia Maraini quando scrive che " La vera libertà consisterebbe nello stare comodi, nella possibilità di muoversi liberamente, di prendere il sole senza fare il verso alle peggiori pubblicità della seduzione mediatica, nello stare in armonia sfuggendo sia al linguaggio delle ideologie che del mercato".
Ma ribadisco che, mentre è possibile per le donne in Occidente sfuggire alle imposizioni del mercato, alla maggior parte delle donne islamiche è precluso ancora oggi sottrarsi alle imposizioni e ai condizionamenti delle ideologie politico-religiose e tradizioni millenarie, anche se fuori tempo e fuori luogo, punitive e scomode, discriminanti e inopportune.
E gli "intellettuali" dell'Occidente non fanno nulla per aiutarle o convincerle a liberarsene, anzi le spingono a restare sottomesse in eterno dicendo loro che in fondo anche noi non siamo libere coi nostri bikini.... Che è come dire: Quindi care islamiche tenetevi pure i vostri burka, burkini, chador, abbayah e fazzolettoni in testa, volenti o nolenti, libere o non libere, è affar vostro.... Noi ce ne laviamo le mani...
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