Siamo anche nel pieno di una campagna elettorale nazionale che chiamerà gli italiani a votare il 4 marzo prossimo. E anche questa volta, come e più delle elezioni precedenti, pur a oltre 70 anni dalla fine della guerra e dei regimi che la vollero, e dopo oltre 70 di vita della nostra Repubblica democratica, la campagna elettorale si sta combattendo ancora imperniata sul tema "fascismo/antifascismo", come fossero realtà ancora presenti, attive e determinanti nella nostra società e nell'agone politico.
Personalmente ritengo che questo "battaglia" ostentata sia mal posta da entrambi i contendenti, fuori tempo e fuori luogo, sia da chi coltiva assurde nostalgie di un regime che quasi nessuno ormai può dire di aver subito sulla propria pelle (se non è ultrasettantenne) e quindi si basa su una memoria altrui spesso volutamente falsata, sia da chi pensa di poter attribuirsi la patente e l'aureola di democratico solo perchè professa un antifascismo parolaio a costo zero, usando come bandiera strumentale i meriti dell'antifascismo vero e sofferto dei padri, ma chiudendo gli occhi su altri pericoli o praticando altri abusi che possono favorire altre malattie mortali per una democrazia.
Se ancora oggi siamo impantanati in questa diatriba, significa che nell'uso della memoria e delle ripetute e ricorrenti celebrazioni antifasciste ogni anno, qualcosa non ha funzionato, anzi ha funzionato all'incontrario, tanto che sono cresciuti gruppi e gruppuscoli che più o meno apertamente sbandierano camicie nere e simboli nazifascisti. E ancora c'è chi si attarda a mitigare il giudizio sul fascismo ricordando che il regime fascista "ha fatto anche cose buone". Anche questa è questione mal posta e falsamente salomonica.
Una ideologia e un regime vanno giudicati per tutto il loro
percorso, per i risultati finali che hanno prodotto e per l'eredità
che hanno lasciato.
Il percorso del fascismo nasce nel 1922 con le
violenze delle squadracce, col delitto Matteotti e altri simili, la
promulgazione delle "leggi fascistissime" del Codice Rocco, la
soppressione delle libertà di pensiero e stampa e la persecuzione
delle opposizioni, tribunali speciali, confino, torture, imprese
coloniali del 1935 (con ambizioni imperiali in Libia, Somalia, Etiopia), culto della personalità del Duce, programmi
scolastici all'insegna del motto "libro e moschetto fascista
perfetto", difesa della famiglia numerosa per "dare figli
alla patria" da mandare in guerra come carne da cannone per una
politica aggressiva coltivata con la propaganda fin dagli inizi.
Poi
le leggi razziali e l'entrata in guerra al seguito del suo emulo e
padrone Hitler sono stati il coronamento e il naturale punto di
arrivo di una ideologia sbagliata nella sua essenza e nefasta nelle
sue conseguenze: morte per milioni di persone, un paese in macerie e
risentimenti e odio tra i sopravvissuti (che si protraggono fino ai giorni nostri...)
.
Per questo il Presidente Mattarella ha
ragione quando dice che è sbagliato dare giustificazioni o
alleggerire le colpe del fascismo, riferendosi alle "cose buone"
che ha fatto nel governo materiale di alcuni settori del paese. Perchè
queste non possono sminuire o bilanciare quelle "cattive",
che di fatto le hanno completamente vanificate.
Tutti i regimi
dittatoriali, di qualsiasi ideologia, nazismo, comunismo,
militarismo, monarchie assolute, perfino le teocrazie cattoliche del
passato e quelle islamiche recenti, hanno fatto e fanno "cose buone", potenziato qualche settore dell'economia, costruito opere pubbliche importanti, o bonificato paludi,
perchè avevano e hanno bisogno di conquistare e mantenere il consenso popolare e rendere più forte il Paese governato soprattutto per rafforzare il proprio potere personale, spesso
con mire espansioniste anche oltre i confini.
Ma il male e il prezzo che questi regimi hanno fatto e fanno pagare ai loro popoli è incommensurabile e porta infine a
distruggere quel che hanno costruito, perchè con un fine e con metodi sbagliati e repressivi.
Male quindi fa la destra, o Salvini,
se si aggrappano a questi ambigui giustificazionismi o riconoscimenti
parziali di presunti meriti del fascismo, per attirare i voti dei nostalgici di un regime di cui ci si dovrebbe solo vergognare (checchè ne dica la Alessandra Mussolini), pregiudicando così la possibilità di accreditarsi come destra moderna e sicuramente inserita in un percorso che viaggia su binari democratici.
Ma il presidente Mattarella farebbe
bene a spiegare anche che il "fascismo", come modo di essere,
conquistare e gestire il potere, può sempre rinascere, non solo con
gli oscuri disegni dei "personaggi" incolti e aggressivi che si intruppano in Forza Nuova e nei naziskin, o tra loro favoreggiatori, ma anche sotto nuove e diverse forme, titoli e ideologie,
senza svastiche o camice nere, ma in modo strisciante e occulto,
quando si gestisce il potere senza il rispetto delle opinioni altrui,
si travalica con arroganza nell'uso dei propri, si pretende di far prevalere il proprio punto di vista personale o di fazione con l'intimidazione e la diffamazione dell'avversario, con insulti, minacce, o blandizie, o voti di scambio; con la pretesa imposizione di un pensiero unico spacciato come il solo "politicamente corretto"; quando si approvano leggi elettorali incostituzionali o talmente contorte da impedire una reale comprensione e rappresentatività della volontà dei cittadini, quando si favoriscono o non si impediscono corruzioni, criminalità e illegalità organizzate e spicciole, ingiustizie in
campo sociale ... E si potrebbe continuare a lungo con l'elenco delle malattie che, se non curate, possono portare a nuovi "fascismi".
E bisogna ricordarsi anche che i padri e i nonni di tanti e/o i loro vicini di casa che si lasciarono affascinare dal fascismo e dal Duce, non erano "mostri" sporchi brutti e cattivi, ma "normali" cittadini come noi; e la banalità e la apparente normalità del male può annidarsi in ognuno di noi, oggi come ieri, se commettiamo gli stessi errori di valutazione, per superficialità, indifferenza, pregiudizio ideologico o qualche piccola o grande scorrettezza o volontà di prevaricazione.
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