martedì 12 febbraio 2013

Tutto è relativo, anche le dimissioni del Papa

Ripensando all'annuncio delle dimissioni del Papa Benedetto XVI, io ne ho ricavato la conferma  che anche nella vita della Chiesa,  pur così inamovibile nella difesa delle sue tradizioni, dogmi e regole, tutto è relativo.  Lo stesso Papa,  il teologo Joseph Ratzinger, che ha fatto della lotta al relativismo etico dei laici non credenti  uno dei cardini del suo pontificato, ha dimostrato con la sua inaspettata e rivoluzionaria decisione, il relativismo etico degli ecclesiastici  e la possibilità di  una diversa interpretazione di consuetudini secolari se non millenarie.
Adesso che l'annuncio è stato dato, è tutto uno scatenarsi di  ipotesi sul perchè di queste dimissioni e nelle prossime settimane sarà il trionfo della dietrologia più disparata, fino a pensare alla possibilità, già balenata, di un ricatto. Che poi tanto indietro non c'è bisogno di andare per capire, se si pensa ai pesantissimi scandali della pedofilia ecclesiastica,  ai documenti  segreti resi pubblici da Vatileaks, allo strano  processo con condanna e grazia al maggiordomo del Papa, alle trame intorno allo IOR, la banca vaticana  da mesi senza presidente, sospettata di  riciclaggio di denaro sporco....
Forse era un po' troppo da sopportare per uno che viene definito "Sua Santità" e "Vicario di Cristo " in terra.

Tutti ricordano ora in prima battuta il lontanissimo precedente della rinuncia di Papa Celestino V che si ritirò nel 1294 e che fu ricordato da Dante come colui che "fece per viltade il gran rifiuto" non sentendosi capace di contrastare gli appetiti dei potenti del tempo, dentro e fuori dalla Chiesa, che lo assediavano.  Ma subito gli estimatori  del Papa attuale correggono il paragone  affermando che il ritiro di Benedetto XVI è invece un atto di coraggio, "di virtute" e amore per la Chiesa. E quindi si prende per buona la sua giustificazione dei motivi di salute, età e stanchezza fisica che lo renderebbero inadeguato ad affrontare con la necessaria  forza e  capacità le istanze e i tanti problemi della Chiesa  in questo momento.
Ma c'è già chi ricorda gli esempi contrari dei Papi precedenti: Giovanni XXIII, malato di cancro, che restò sul trono pontificio e guidò il Concilio Vaticano II fino all'ultimo respiro, tra il 1963 e il 1965; Giovanni Paolo II  che trascinò la sua sofferenza  negli ultimi anni, con un fisico ormai devastato, aggrappato ad una croce che gli faceva da bastone e sostegno; e pure Paolo VI non era il ritratto della salute in vecchiaia. Per non andare a rivangare la lunga malattia tra il 1954 e il 1958,  di Pio XII,  durante la quale nessuno si sarebbe sognato di chiedergli di farsi da parte a affidare ad un altro la guida della Chiesa. E i tempi del passato non sono mai stati facili, per la Chiesa e per il mondo.

Ma evidentemente il teologo che  ha sempre detto di voler conciliare la fede con la ragione, ha considerato in modo "relativista" gli esempi precedenti e la consuetudine secolare che faceva ritenere che un Papa dovesse restare sul trono vita natural durante; e ha deciso di fare di testa propria  e ritirarsi. (*)
E ora che  succede?
Succede che  si dovrà indire un nuovo Conclave per eleggere un nuovo Papa, e la gestione della "sede vacante" e preparazione della successione,  guardacaso, sarà in mano al Cardinale Camerlengo Tarcisio Bertone, creatura di Papa Ratzinger, diventato uno dei protagonisti più influenti della Curia politicizzata e , pare, delle trame che hanno avvelenato il clima intorno al Papa; candidato anche alla successione.
C'è di che ritornare con la mente a Celestino V le cui dimissioni furono gestite  dall'intrigante e potente  Cardinale Caetani che poi gli successe come Papa Bonifacio VIII; e non fu certo un buon esempio per la cristianità  e il vangelo.
Ma aspettiamo gli eventi.
(*) Aggiornamento  del giorno dopo:
Dimenticavo di aggiungere che un  Sovrano che abdica (e il Papa  nel suo Stato Vaticano e  nella organizzazione gerarchica della Chiesa è un  sovrano assoluto) è un sovrano che  ha subito una sconfitta. Ed è una sconfitta anche per i suoi fedeli e sudditi.
E meno che mai dovrebbe  lasciare il trono chi ritiene di essere stato "chiamato da Dio" e dallo Spirito Santo a ricoprirlo. Quel che Dio ha unito non si  dovrebbe dividere - ci viene sempre detto. E invece l'uomo Joseph ha disobbedito alla chiamata del Signore e a un certo punto ha detto: no grazie, ho già dato (lasciando  gli alti prelati capifazione a  farsi la guerra tra loro e i fedeli smarriti....).
La portata politica  e  i contenuti di questa sconfitta sono   forse solo in parte noti.  La portata  della contraddizione teologica insita in queste dimissioni, umanamente motivate, dovrà essere approfondita e spiegata al popolo dei fedeli, in modo, si spera, non artificioso o ipocrita.
Certo andrebbe ridimensionata certa arroganza cardinalizia,  e la presunzione di essere  portatori di verità assolute  e la pretesa di insegnare, anzi di imporre, la loro morale -molto relativa- a tutti .


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