Chi deve "mollare" non è ancora chiaro; se il Presidente della Camera Fini, decidendosi finalmente a staccare la spina e togliere la corrente che tiene in vita il Governo; o se debba mollare, dando le dimissioni, il premier Berlusconi, ulteriormente squalificato dalle ultime vicende personali di gossip (caso della procace minorenne marocchina Ruby "salvata" dalle sue telefonate in Questura, ragazze a vagonate portate a casa sua da tal Lele Mora, plaudente Emilio Fede ...) e di fatto senza maggioranza in Parlamento, dopo le sonore bordate di critiche che lo stesso Fini ha sparato domenica scorsa contro la sua politica, arrivando a chiedere esplicitamente le sue dimissioni, tra gli applausi scroscianti dei sostenitori di "Futuro e Libertà" neonato partito uscito dalla costola del PDL ormai defunto.
Richiesta ovviamente respinta dall'interessato che "non può dimettersi" dalla carica per non perdere gli "scudi" e i "lodi" protettivi nei confronti della magistratura di cui si era premunito. Pertanto tiene duro fino all'inverosimile per non finire, come dovrebbe, in un'aula di tribunale a difendersi da varie accuse, con qualche ragionevole probabilità di perdere.
Fini pure tiene duro nelle sue richieste, di dimissioni e di cambiamento, ma vuole che a staccare la spina sia lo stesso Berlusconi, per non dover andare a nuove elezioni con la responsabilità personale di aver fatto cadere il governo in un momento così delicato per l'Italia.
Insomma è una lotta all'ultimo sangue (metaforico, ovviamente), o un gara a braccio di ferro, la cui posta in gioco è un cerino acceso da lasciare per ultimo in mano all'avversario, perchè sia lui a bruciarsi le dita ( e, se tocca a Berlusconi, a sciogliersi pure il cerone che gli copre la faccia).
Tenta di resistere pure Bossi, aggrappato a Berlusconi come l'edera, nella speranza di fare in tempo a "portare a casa il federalismo", e ne parla come se si trattasse di portare a casa un prosciutto dal mercato, come premio e pagamento di un patto di fedeltà quindicinale.
Cosa "portiamo a casa" noi dall'alleanza di questa strana coppia è sotto gli occhi di tutti. Il Veneto "del fare" (tanta speculazione edilizia e cementificazione) sott'acqua da alluvione, e il crollo della casa dei gladiatori a Pompei, monumento di insostituibile valore storico-culturale, sono solo gli ultimi fatti simbolici del degrado e della crisi italiana. Un federalismo fatto in fretta e furia da un governo "in articulo mortis" e senza maggioranza, credo sarebbe un pessimo affare per tutti.
Intanto le cosiddette "opposizioni" si guardano bene dal fare fronte comune per coglier l'occasione delle divisioni altrui e mostrarsi capaci di costituire un'alternativa credibile, e procedono come sempre, anzi, più che mai, in ordine sparso, l'una contro l'altra armate: UDC, IDV, Sinistra e Libertà, Comunisti, Grillini, Radicali, API di Rutelli, e, dulcis in fundo, un PD diviso in tre o quattro , tra Area democratica, cattolici di osservanza o di distanza dai vescovi, veltroniani, rottamatori di Renzi e Civati, dalemiani nascosti tra i fedelissimi di un Bersani che non riesce a tenere le fila di un partito, sono impegnati in una guerra di posizioni personali che non può che portare ad una sconfitta per tutti.
-- In compenso va a gonfie vele il partito più resistente d'Italia:
il Partito Episcopale Cattolico Italiano, l'unico partito che sa quello che vuole in Italia, partito di governo e di opposizione a seconda delle convenienze, meglio conosciuto anche come CEI, Conferenza Episcopale italiana, il cui segretario, cardinal Angelo Bagnasco, ha dettato l'altro ieri l'agenda con le istruzioni mensili per il Governo e la classe politica italiana. E stavolta, più che istruzioni, ha dato una bella lezione zeppa di rimproveri e bacchettate al governo Berlusconi, un tempo blandito e sostenuto come provvidenziale.
"Nel nostro animo di sacerdoti siamo angustiati per l’Italia che scorgiamo come inceppata nei suoi meccanismi decisionali, mentre il Paese appare attonito e guarda disorientato".....
"Non abbiamo peraltro suggerimenti tecnico-politici da offrire, salvo un invito sempre più accorato e pressante a cambiare registri, a fare tutti uno scatto in avanti concreto e stabile verso soluzioni utili al Paese e il più possibile condivise".
I vescovi italiani denunciano una "caduta di qualità sulla scena politica" che chiama in causa "non solo la dimensione tecnicamente politico-amministrativa, ma anche quella culturale e morale che ne è, a sua volta, lo specifico orizzonte". E rilevano " il venir meno della tensione necessaria tra ideali personali, valori oggettivi e la vita vissuta", che sono "tra loro profondamente intrecciati".
E via di questo passo. Ma non solo.
Ieri su Avvenire, quotidiano dei vescovi italiani, il nuovo direttore ha già cominciato a bacchettare anche Fini, troppo laico e "anticlericale" per i loro gusti, e ha sostanzialmente diffidato i cattolici, e in primo luogo l'UDC di Casini, dall'allearsi con lui. O nelle urne saran dolori per loro.
Ognuno ne tragga le conseguenze che preferisce.
(*) L'illustrazione à stata ripresa da Il Fatto quotidiano
Nessun commento:
Posta un commento