lunedì 17 giugno 2013

Dalle stelle alle stie. Gli sponsor dei “cittadini” eletti del Movimento5S già li chiamano “polli”.

E' triste lo spettacolo offerto dalle "penne" più illustri de Il Fatto quotidiano in questi giorni. Evidentemente delusi e arrabbiati per la crisi del Movimento 5 stelle, per il cui successo si erano tanto prodigati, i giornalisti  di punta del quotidiano  si stanno profondendo in rimproveri, critiche  e "consigli non richiesti".  Peccato però che ancora una volta  si  rivolgano soprattutto contro il bersaglio sbagliato, o per lo meno non contro il vero e maggior colpevole  della crisi, che è lui, Beppe Grillo, l'inventore del marchingegno politico- personale,  deus ex machina del "movimento", signore e padrone del marchio politico commerciale a lui intestato, dello Statuto - non statuto e delle vite dei "cittadini" eletti in suo nome e scelti coi criteri da lui fissati.
Logica, prassi e correttezza morale vorrebbe che, in seguito ad una sconfitta, fosse il capo ad assumersi la responsabilità della sconfitta e a dimettersi, lasciando ad altri il compito di tentare la rivincita. O quantomeno di cambiare strategia, visto che quella, perdente, adottata finora porta la sua firma.
E invece qui il capo persevera negli errori e scarica la colpa sulle truppe  che, volenti o nolenti lo hanno servito, "usi ad obbedir tacendo" come i carabinieri arruolati nell'Arma; e nel caso dei pochi che hanno osato  obiettare e dubitare a voce alta,  si  decreta, o si vorrebbe decretare stando agli ordini del capo, l'espulsione.
Come pretendevano di far credere certi generali del passato, se la strategia ideata e imposta da loro falliva, la colpa era dei soldati incapaci o vili. E i "traditori"  venivano fucilati.
Evidentemente, il tanto promesso "rinnovamento" del M5S guarda molto all'indietro e a modelli  che si sperava superati.
Non è un bel clima quello che così facendo si è creato fra i 163 "cittadini"  eletti in Parlamento, che paiono ora  sul punto di una scissione tra "fedelissimi" al capo e presunti "dissidenti". Clima quasi da "caccia alle streghe" o alla spia comunista  del periodo maccartista in USA; o che adombra i metodi di sospetto continuo di tutti contro tutti in auge nei regimi comunisti, che portavano a denunciare il parente o il vicino di casa come "infiltrato" o "spia degli americani", per dimostrare il proprio zelo e la propria fedeltà al capo e per paura di finire a sua volta accusato.
Non sembri esagerato il paragone, che  viene giustificato dalle affermazioni di Grillo, che fa di tutto per alimentare questo clima di sospetto  tra le sue truppe, con continui attacchi suoi e dei suoi portavoce a presunti infiltrati, troll, venduti, voltagabbana  alla Scilipoti e Razzi. E poi gli attacchi alla stampa e  tutti  i giornalisti, tutti  "pagati" dal nemico e tutti contro di lui.
Sinceramente appare  piuttosto penoso e puerile, ma anche preoccupante, per uno come lui  che ha attaccato e continua ad attaccare  tutti, atteggiarsi a vittima e lamentarsi  perchè - a suo dire -  sono tutti contro di lui.
Chi di spada ferisce di spada perisce, viene da dire; oppure: chi la fa l'aspetti, per usare  i sempre verdi proverbi popolari.
Comunque la sua è una performance maldestra,  a imitazione dello stile berlusconiano, con  chiamata in piazza dei suoi fedelissimi per domani come dimostrazione di forza; come, appunto ha fatto Berlusconi (e sta facendo pure Erdogan...).
Dispiace quindi che Travaglio, il maggior sostenitore di Grillo da sempre, fino al punto di apparire come avvocato difensore e suo portavoce in TV e sul suo giornale e in tutte le interviste possibili, nel suo editoriale del 15 giugno metta il micidiale titolo “ Movimento 5 polli”, titolo che nell'editoriale di oggi  attribuisce a suggerimento di Casaleggio. Attribuzione vera o provocazione che sia, è comunque sintomo di disprezzo e dileggio suo e dei succitati capi-padroni verso i malcapitati  eletti in Parlamento,  accomunati comunque nel disprezzo e nel dileggio per il Parlamento e per la stampa tutta, colpevole di  rivelare le beghe e gli errori del M5S, così come fa da sempre Il Fatto nei confronti di tutti gli altri partiti. Le sue battaglie per la libertà di stampa e di critica paiono  un ricordo lontano.

Così pure  dispiace  che il pur brillante Scanzi sfoghi la sua irritazione contro il M5S in articoli sempre più contraddittori e altalenanti, con espressioni tipo "della vicenda Gambaro non ce ne frega una beata mazza" e continui poi con il dire "il dissenso esiste e deve esistere. Grillo fa cazzate come tutti. Se ne faccia una ragione. Basta con questa faida tra yes-(wo)men pedanti e teneri favietti salsati di ritorno (“Movimento Cinque Polli”, diceva ieri sempre Travaglio). Più fate così, più regalate gioie a chi vi odia. Se questo scazzo gigantesco vi serve per serrare le fila, bene. Poi però basta."
 Sempre sul Fatto del 16 giugno Paolo Flores D'Arcais titola il suo pezzo
"Cari “dipendenti”, finitela di deluderci" calcando quindi la mano sui dipendenti invece che sul padrone (che non è l'elettore, ma l'inventore del marchio).
Anche  qui viene da dire agli esimi poco illuminati consiglieri-sponsor: se continuate così, eletti ed elettori  del M5S  finiranno col dire anche a voi: "dei vostri consigli e rimproveri adesso non ce ne frega una beata mazza".
Anche perchè  questi signori giornalisti, che conoscono la storia e la cronaca politica, dovevano pur saperlo che nel M5S il difetto stava nel manico ed era congenito dalla nascita. Che Grillo  non era uno statista ma un Masaniello si vedeva ad occhio nudo.

Più obiettivo e garbato Furio Colombo, che nel suo articolo (sempre  di domenica 16 - giorno del giudizio universale!?) punta il dito  sulla piaga e sui limiti, trionfi e crisi, dei partiti personali in Italia e scrive, sotto il titolo "Storie di uno. La politica ostaggio dei singoli “... Grillo è arrivato a mani piene (persone e promesse) ma mai nessuno nonostante i seguaci, ha realizzato programmi o promesse senza dare ruolo e valore e senso al lavoro di chi si è offerto di partecipare ed è stato eletto. Governare attraverso ordini indiscutibili uccide, e si può solo aspettare. E dunque ci resta solo un’interessante “storia di Grillo” ma niente da scrivere, per ora, sul Movimento Cinque stelle...

Che la scissione avvenga ora o più avanti o mai, non importa. Se il capo e le regole imposte restano gli stessi,  il problema della gestione di questo pseudo "movimento" che si sta comportando peggio dei tanto deprecati partiti a struttura democratica, resterà sempre  aperto e non potrà che far perdere ancora di più la fiducia degli elettori. E sarà un'altra delusione e un'altra sconfitta per un pezzo di democrazia, per un altro tentativo di rinnovamento che si è rivelato mal riposto.
Dopotutto, il tanto vituperato Bersani  ha dato le dimissioni il giorno dopo  la sconfitta della sua strategia, e il successore Epifani non sta cacciando i tanti, eletti e iscritti, che contestano la linea adottata dal PD con l'infausta e forzata alleanza siglata col PDL.