domenica 11 gennaio 2015

Commento ai commenti su una strage di giornalisti in nome di Allah

Sarò anche una Cassandra testarda e pessimista incurabile, come da soprannome scelto, ma è difficile oggi essere ottimisti e preconizzare un 2015 felix, per l'Italia, l'Europa e il mondo, dopo quel che è successo a Parigi il 7 gennaio scorso, con la strage  dei vignettisti, giornalisti e guardie del settimanale satirico Charlie Hebdo e con tutto quello che ne è seguito.
Mi pare superfluo da parte mia  "portare vasi a Samo", nel senso di  aggiungere ai tanti un ulteriore commento di condanna (peraltro già espresso su vari forum di giornali) di questo fatto, gravissimo in sè per la morte di tante persone, e altrettanto gravissimo per il suo significato e per le implicazioni enormi che porterà come conseguenza.
Infatti non è tanto sulla strage che mi voglio soffermare, pur  sentendomi tanto avvilita nel constatare  che nella Francia, la patria che tra tante lotte e sofferenze  insegnò al mondo il  motto più bello che ci sia "liberté, égalité, fraternité", dopo oltre due secoli da quella  proclamazione e diffusione universale, ancora  ci sono uomini accecati dall'odio religioso che uccidono in nome di un dio chiamato Allah.

Preferisco soffermarmi sui commenti che ho letto sui giornali, espressi  da giornalisti e dai politici ma soprattutto dai cittadini comuni su "social network" e  tra i lettori di giornali nei forum aperti sotto gli articoli relativi.
Ed è proprio tra questi commenti che ho rilevato un ulteriore motivo di preoccupazione.
La prima cosa che ho notato è stato il diffuso riferimento alla qualità delle vignette pubblicate dal settimale francese. Si è detto e ripetuto che quelle vignette  che ironizzavano su Maometto erano volgari, offensive  e irrispettose del sentimento religioso dei musulmani.
Certo che lo erano, e quindi?
Quasi si sottintendeva che in fondo  quei vignettisti se la sono cercata e voluta. Nessuno ha osato dire "ben gli sta", ma lo faceva capire e  forniva una bella giustificazione per i terroristi, che ovviamente ringraziano.
A parte il fatto che i terroristi nella loro folle smania assassina hanno ucciso anche persone che non c'entravano e che si sono trovate sulla loro strada, e un loro complice  ha fatto strage anche in un supermercato frequentato da innocui ebrei (guarda caso...) colpevoli di fare la spesa nel momento sbagliato, mi pare sbagliato offrire questo genere di giustificazioni, che sono associate in genere ad un timoroso sentimento di riverenza, chiamato "rispetto per il sentimento religioso", ma che in realtà è rinuncia  alla libertà di critica e satira nei confronti delle religioni, come fossero tabù intoccabili . Sembra valere ancora oggi il vecchio detto popolare (di sicura ispirazione clericale...) "scherza coi fanti ma lascia stare i santi".
E perchè mai?
Si può criticare e satireggiare su tutti, capi di Stato, politici, scienziati, eroi del passato e del presente, confutare le loro idee pur documentate e motivate, e non si può ironizzare sui profeti e le cosiddette "verità rivelate" in sogno da angeli e arcangeli a personaggi di  millecinquecento o duemila anni fa, e imposte, senza facoltà di prova, come "parole di Dio" nel Corano e nella Bibbia?

Infatti crediamo davvero che autocensurandoci e censurando le vignette volgari e irrispettose delle religioni elimineremmo il terrorismo islamico? Io credo invece che se accettiamo il ricatto di coloro che pretendono oggi le censure alla satira, questi non si accontenterebbero  e pretenderebbero poi altre restrizioni alla nostra libertà e ai nostri diritti di uomini e donne, come succede nei regimi governati dalla sharia e a chi cade nelle mani di Al Qaeda o Isis. Per costoro è blasfemo qualsiasi modo di vestire o parlare e agire che non sia coincidente con la loro distorta idea di religione e di Islam. Perciò va difesa, senza se e senza però, anche la libertà di satira volgare e irrispettosa, perchè rappresenta la punta dell'iceberg delle nostre libertà; può far ridere o disgustare, ma non uccide nessuno. Se non piace la si ignori o critichi o, al limite, quereli il vignettista (come  fecero D'Alema e pochi altri...). Ma la condanna a morte di un uomo, un vignettista, o giornalista o scrittore, quand'anche pessimo, non si giustifica mai. 

Anche le vignette di Forattini, o Vauro e altri disegnatori satirici sono talvolta volgari e irripettose dei personaggi che mettono in caricatura. Ma non per questo gli autori meritano di essere sterminati a colpi di kalasnikov, e non mi sognerei mai di giustificare chi lo facesse. Il punto cruciale non sta nel fatto che la satira sia bella o brutta, gradita o no. L'importante è che sia libera di esistere e manifestarsi; poi ognuno deve essere altrettanto libero di apprezzarla o criticarla o ignorarla.

Altra "giustificazione" che   emergeva dai commenti  di tanti lettori di area grillina o di certa sinistra era l'immancabile colpevolizzazione dell'Occidente  e degli interventi di USA, Francia e altri paesi dell'Occidente in Iraq, Afghanistan, Libia, "primavere arabe" fallite, questione arabo-palestinese, ecc. E' vero che i paesi dell'Occidente di colpe ne hanno tante e di errori  ne hanno commessi tanti, con conseguenze anche gravi, vittime e ingiustizie. Ma è anche vero che in tutte quelle complicatissime situazioni in cui sono intervenuti, errori e colpe sono  equamente da dividersi anche con i governi e i clan e le mentalità tribali di quei popoli forzatamente tenuti nell'ignoranza o indottrinati dalle sole scuole coraniche.
Ed è anche vero  che  nei paesi dell'Occidente ci sono ordinamenti che garantiscono  maggior libertà e benessere ai loro cittadini, tanto che sono  i cittadini  di tanti paesi arabi o mediorentali che fuggono dai loro paesi d'origine travagliati da regimi assolutisti, guerre intestine di clan o tra sunniti e sciiti, oppressione e povertà o fame, per trovare rifugio qui da noi.
E' dunque giusto che  noi cittadini residenti nei paesi dell'Europa e dell'Occidente  difendiamo "la nostra identità" a fronte delle barbarie  del terrorismo islamico. Ma non nel senso ostile e divisivo in cui la difendono Salvini  &C.. La nostra identità da difendere non sta tanto nei crocefissi nelle scuole (come l'identità islamica non dovrebbe stare nel terrorismo o nel velo imposto alle donne...), ma nella laicità delle istituzioni, nella democrazia e nella libertà di pensiero, di stampa, di religione e di critica delle religioni.
In ultima analisi, nella affermazione, senza se e senza ma, per tutti, credenti e non credenti, cristiani, musulmani, ebrei o induisti, dei principi universali  riassunti nel motto "liberté, égalité, fraternité.


 

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